Le norme più umane per la riscossione dei crediti fanno crollare gli incassi di Equitalia. Le somme recuperate dalla società, controllata al 51% dall’Agenzia delle entrate e al 49% dall’Inps, sono cresciute per anni, dai 6,7 miliardi del 2008 agli 8,9 miliardi del 2010. Poi sono iniziate a diminuire, partendo dal 2011. E nel 2013 andrà ancora peggio, visto che tra gennaio e settembre la somma raccolta è ferma a 5,4 miliardi. Si tratta sicuramente dell’ennesima conferma della crisi da cui il Paese non riesce a uscire. Ma sul calo delle riscossioni, come spiega a ilfattoquotidiano.it il presidente della commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia, hanno inciso sicuramente anche i limiti precisi imposti negli ultimi anni all’azione di Equitalia per far fronte alle difficoltà economiche dei cittadini.
“Gli ultimi provvedimenti hanno determinato e determineranno inevitabilmente una riduzione delle entrate nel breve termine per l’azienda incaricata di riscuotere i tributi”, afferma l’economista, “anche se è necessario aspettare la fine dell’anno per calcolare con precisione quanto hanno inciso”. Il presidente della commissione Bilancio conferma così quanto dichiarato a maggio dalla Corte dei Conti, ovvero che sul calo degli incassi di Equitalia pesa il “susseguirsi di novità normative che hanno finito per indebolire oggettivamente l’azione di riscossione coattiva dei tributi”, da un ampliamento delle possibilità di rateazione all’innalzamento della soglia del debito oltre la quale la società di riscossione può iscrivere l’ipoteca, passando per la possibilità di pignorare l’abitazione principale e nuovi limiti alle procedure esecutive nei confronti dei beni strumentali delle imprese.
Non si può dire lo stesso, invece, per l’attività delle banche, che – come ha ricostruito nei giorni scorsi il Messaggero – possono liberamente procedere all’espropriazione della prima casa e anche degli altri immobili senza soglie minime sull’importo del credito. A differenza della riscossione pubblica, che non può fare nulla se la somma dovuta non supera 120mila euro. E, anche sui piccoli debiti sotto i mille euro, la disparità è palese: i privati non hanno nessun vincolo, mentre gli agenti della riscossione non possono passare ad azioni cautelari ed esecutive se non dopo che sono trascorsi 120 giorni dall’invio di una comunicazione.
“La differenza è chiara”, assicura il professore della Bocconi Carlo Gabarino, esperto di diritto tributario, spiegando che “le regole per le banche sono sostanzialmente rimaste stabili negli ultimi anni, mentre nel caso di Equitalia c’è stato un allentamento per fare fronte alla crisi”. Fino ad arrivare alla situazione attuale, dove “per lo Stato, al contrario delle banche, le normative per la riscossione sono sempre meno pro-creditore e più pro-debitore”. Il professore, però, sottolinea di non essere sorpreso dal fenomeno, perché “vengono utilizzati due pesi diversi per due misure diverse. Le banche, a differenza dello Stato, stabiliscono infatti accordi precisi con i contratti, normalmente molto a loro favore, che i clienti decidono se sottoscrivere o meno”.
Sono quindi evidenti le differenze normative che regolano le modalità di riscossione per Equitalia e per le banche private. Ma c’è chi ritiene che su un calo così consistente dei crediti riscossi dallo Stato abbia inciso anche un fattore psicologico. “Equitalia ha beneficiato inizialmente di un effetto terrore, ovvero delle regole che hanno ampliato le modalità di riscossione dei crediti, spingendo molti a pagare per non ritrovarsi nei guai. Le normative sono state poi allentate, portando a una minor spinta a pagare che ha inevitabilmente ridotto le riscossioni”, sostiene Antonio Ortolani, presidente della commissione banche e intermediari finanziari dell’ordine dei commercialisti di Milano. E aggiunge: “Equitalia, da quest’anno, fa meno paura”.
Il calo degli incassi è evidente, ma decisamente minore, considerando anche il totale delle entrate tributarie per i primi nove mesi dell’anno. Gli introiti, secondo quanto scritto nel supplemento al Bollettino statistico della Banca d’Italia dedicato alla finanza pubblica, sono scesi dello 0,3% rispetto allo stesso periodo del 2012, a quota 278,593 miliardi di euro.