La telefonata di Nichi Vendola ad Archinà, responsabile relazioni esterne di Ilva, di tre anni fa, era già nota nelle carte della inchiesta in corso. La novità è stata solo la diffusione dell’audio della stessa, che la rende più viva. E anche impressionante per chi non è avvezzo ai linguaggi in uso nei delicati rapporti tra classi dirigenti politiche , al loro interno, e le classi dirigenti economiche.
Varrebbe anche per le classi dirigenti giornalistich ed intellettuali: quante cose mi è capitato di sentire in confidenza, che se fossero pubbliche o pubblicate creerebbero sconcerto e polemiche. (Anche il semplicissimo: “ecco che arriva il cialtrone” seguito pochi secondi dopo da un marcato abbraccio al “cialtrone” stesso.)
Il problema fondamentale non è la differenza tra una conversazione privata e una pubblica, ma cosa quella differenza rappresenta in ogni caso specifico. In genere si pensa che la conversazione privata intercettata e pubblicata riveli una verità che la facciata pubblica nasconde. Ma ci sono dei casi in cui è il contrario.
La conversazione privata è una mossa di teatro, di diplomazia, per attenuare un conflitto sul piano pubblico e fattuale. E’ esattamente questo il caso della telefonata di Vendola ad Archinà. Per dirla in parole semplici, a me sembra evidente che Vendola sta prendendo in giro Archinà quando si complimenta per lo scatto felino attuato per impedire le domande ad alcuni giornalisti. Certo, non è una presa in giro aggressiva,
altrimenti l’interlocutore si offenderebbe subito.
Ma non ha senso logico ipotizzare, immaginare, che davvero Vendola abbia telefonata ad Archinà per incitarlo a maltrattare i giornalisti e a smentire che ci siano problemi di cancro. ( Questa interpretazione mi ricorda – per rozzezza – quella di chi giurava di aver sentito la Bresso rispondere pubblicamente a una anziana No Tav “muoia signora”. Ma in quel caso almeno era evidente, indipendentemente dalla presunta gaffe, che esisteva un conflitto tra Bresso e i Notav. Mentre in questo caso che esista un’alleanza Vendola-Ilva non è per nulla evidente, sarebbe tutto da dimostrare.)
Non ho bisogno di interrogare Vendola, mi basta conoscere un pochino le cose del mondo, per capire che quella telefonata era una captatio benevolentiae, fatta con tutte le caratteristiche rituali della stessa (una battuta contro l’avversario del momento dell’interlocutore, una dichiarazione di stima all’interlocutore, una cordialità ridanciana) ed esercitata in quel giorno probabilmente anche per mettere le mani avanti, per evitare che Riva – all’epoca incontestato – potesse dire che il presidente di Regione più a sinistra d’Italia si negava, si defilava, non dialogava.
Capisco che chi non è abituato a queste cose, sentendo solo una telefonata del genere, si indigni. Ma pensiamo ciascuno di noi a cosa verrebbe fuori dalla pubblicazione di certe nostre telefonate..
Per dare un giudizio sulla politica della Regione Puglia nei confronti dell’Ilva questa telefonata è irrilevante, e se chiunque, un giornale, o un singolo, si basa su di essa per dare un giudizio, vuol dire che non si è accorto di tutto quello che è successo attorno all’Ilva, soprattutto nei tre anni successivi. Come al solito, prima di dare giudizi, anche solo su Facebook, bisognerebbe studiare un po’ le cose. Non dico tanto, eh, almeno 6-7 minuti.