Le due star (assenti alla kermesse) premiate rispettivamente per Dallas Buyer Club e per Her, dove la bionda Scarlett compare però solo in voce . Il Marc'Aurelio d'Oro a Tir di Alberto Fasulo
Roma come Venezia premia il cinema italiano. E soprattutto il “road movie” a giudicare dal fatto che il vincitore del Marc’Aurelio 2013 dell’8° Festival Internazionale del film di Roma porta l’emblematico titolo di Tir. Alla regia il friulano Alberto Fasulo che commosso riceve il riconoscimento ricordando una realtà – quella dei camionisti – completamente dimenticata e forse mai conosciuta abbastanza. “Il premio è fondamentale e già essere qui in concorso era eccezionale. Il nostro film è nato da un travaglio di 5 anni, è un miracolo che siamo riusciti a farlo”. Italia a parte, l’edizione appena conclusa passerà alla storia per il record di assenti nel palmarés, quasi a significare “morettianamente” che mi si nota di più se non vengo. Dato che ironicamente non ha mancato di osservare il presidente di giuria James Gray, “talvolta i premi sono surreali, ma anche questa è la bellezza dei festival ibridi come Roma”.
Nessuno dei riconoscimenti ha ottenuto l’unanimità “ed è meglio così” ha inoltre aggiunto il regista newyorkese che con evidenza si è battuto per assegnare i premi per gli attori a due suoi connazionali. La doppietta a stelle&strisce porta i nomi glamorous di Matthew McConaughey e Scarlett Johansson. Se il primo è più che meritato (e saremmo pronti a scommettere su un Oscar all’aitante attore texano) per la sua sovrumana interpretazione di Ron Woodroof, malato di Aids realmente esistito, nell’immenso Dallas Buyers Club di Jean-Marc Vallée, la seconda è assai discutibile, essendo quella della formosa Scarlett una “performance” unicamente vocale. L’attrice presta infatti la sua voce al sistema operativo di cui è innamorato il protagonista del magnifico Her di Spike Jonze.
“Non abbiamo trovato altre interpreti donne degne di essere premiate” ha polemicamente chiosato Gray spiegando il senso del riconoscimento all’attrice americana, facendo però anche intuire un certo “sgradimento” delle opere concorrenti. Quasi inutile specificare che tanto McConaughey quanto la Johansson non siano stati presenti a ritirare i loro “awards”, in ironica coerenza alla “dematerializzazione” corporale dell’Era 2.0 e di questo festival. Se sul film del canadese Vallée sono andate anche le preferenze del pubblico per il premio Bnl, sull’Estremo e Medioriente si sono declinati gli altri premi. Al giapponese Seventh Code di Koichi Takahashi la miglior regia e contributo tecnico (montaggio), all’intero giovane cast dell’ottimo iraniano Acrid di Kiarash Asakizadeh il premio dedicato a un giovane attore/attrice emergente, al turco Ben o degilim (Io non sono lui) di Tayfun Pirselimoglu la miglior sceneggiatura con una menzione al cinese Blue Sky Bones del rapper trasformato in regista Cui Jian.
L’unico premio europeo a parte l’italiano Tir è andato al rigoroso rumeno Quod Erat Demostrandum di Andrei Gruzsniczk. Il Premio Taodue Camera d’Oro per la migliore opera prima/seconda è andato al mediocre secondo lavoro dello statunitense Scott Cooper per Out of the Furnace con una menzione speciale anche ai due produttori francesi Jean Denis Le Dinahet & Sébastien Msika de Il Sud è niente dell’esordiente italiano Fabio Mollo.
Totalmente femminile è il palmarés per i documentari: il Premio Doc It – Prospettive Italia Doc per il Migliore Documentario italiano è andato all’intenso Dal profondo di Valentina Zucco Pedicini mentre la menzione speciale è stata assegnata a Fuoristrada di Elisa Amoruso. Abbassato il sipario sull’8a edizione, ad alzarsi sono i punti interrogativi sul futuro. Marco Müller in scadenza contrattuale appare come al solito diplomatico ed esperto pesatore di parole: “La formula perfetta per questo appuntamento cinematografico a Roma è festaval, magica unione tra Festa e Festival, una filosofia in movimento in cui crediamo davvero. L’ora della verifica inizia adesso: sentiremo i soci fondatori e tempesteremo di mail tutti i partecipanti all’ottava edizione per avere un feedback. È su questa base che dobbiamo ridefinire l’evento”. Evento che – a detta del Direttore Generale della Fondazione Cinema per Roma Lamberto Mancini – “non è ancora percepito da tutti i romani come appuntamento per la città bensì per addetti ai lavori e cinephiles. Questo festival dovrebbe invece riassumere il carattere di integrità in termini di destinatari, il che è complesso ma mi impegnerò personalmente affinché questa direzione sia intrapresa una volta per tutte”.