Qualche sera fa Servizio Pubblico ha dedicato un paio di passaggi a Grillo, riportando alcuni stralci da un comizio in cui il leader 5 Stelle insisteva sulla questione del reddito minimo garantito. Vero e proprio cavallo di battaglia del Movimento, il reddito di cittadinanza è il primo dei 20 Punti per uscire dal buio presentati agli elettori. Il Movimento ha già proposto una sua mozione a riguardo, ovviamente bocciata da tutti i partiti, eccezion fatta per Sel (oggi Sal: Sinistra Acciaierie in Libertà).
La posizione di Grillo è piuttosto chiara: “È intollerabile, inumano, vedere le file di esodati, sfrattati, disoccupati alle mense della Caritas mentre chi ha sprofondato il Paese nella miseria si muove con la scorta, l’auto blu, senza alcuna preoccupazione economica”. Ma vale la pena rifarsi direttamente al filmato: “Noi abbiamo presentato ‒ noi… come in tutta Europa ‒ un reddito di cittadinanza per salvare gli ultimi […] Abbiamo otto milioni, quasi dieci milioni di gente in Italia che sopravvive con cinque, sei, settecento euro al mese ‒ e non può sopravvivere. Io mi rifiuto di vivere in un paese dove si parla di cazzate dalla mattina alla sera e devi convivere con dieci milioni di poveri […] Allora perché non dire facciamo un reddito di cittadinanza, a chiunque, per diritto; per diritto di esistenza in vita da quando nasci a quando muori hai un reddito, poi se vuoi lavorare lavori e lo aggiungi, se non vuoi lavorare non lavori; vi sembra una cosa esagerata? C’è in tutta Europa!”.
Ora, brevemente, vi propongo alcune considerazioni, tanto per capire qual è il contesto:
1. La disoccupazione giovanile è salita al 41,2 % (il peggior dato dal 1977, con un’innegabile ‒ e preoccupante ‒ tendenza all’incremento, se si pensa che ancora nel 2011 il dato, pur allarmante, era fermo al 29,1% ‒ mentre nel 2012 la cifra aveva già raggiunto il 36,2%). Rispetto al ’77 vi è però una differenza sostanziale: il numero degli studenti universitari si è pressoché triplicato e, tenendo conto che gli studenti non sono ovviamente conteggiati tra i senza lavoro, la statistica risulta assolutamente falsata: si tratta infatti di individui che nel giro di pochissimo tempo non riusciranno a trovare un impiego, confluendo in larga parte nell’enorme bacino della disoccupazione. Va detto inoltre che il dato della disoccupazione giovanile è calcolato per una fascia di età che va dai 18 ai 24 anni, mentre è lapalissiano che la fetta più significativa della popolazione che non riesce a trovare lavoro è compresa tra i 25 e i 35 anni (si tratta non di rado di persone che vivono ancora in casa con i propri genitori, socialmente del tutto assimilabili ai loro ‘compagni’ poco più giovani).
Risultato: la situazione è disastrosa e nel giro di un biennio (ad essere generosi) diverrà insostenibile. È del tutto probabile che, stando a questa tendenza, ci si ritroverà con una disoccupazione media tra gli under quaranta che potrebbe sforare il tetto del 50%.
2. Ma perché la gravità effettiva della situazione è comunque assai superiore a quella percepita? Semplice: contrariamente ad altri paesi europei, in Italia il risparmio delle famiglie è sempre stato piuttosto consistente. Nonostante un’economia essenzialmente debole, il risparmio si è rivelato essere tra i principali punti di forza su cui ha fatto leva il mantenimento di un certo stato di benessere negli ultimi due decenni.
Come si vede dal grafico, però, dal 2005 in poi ‒ e soprattutto dopo la crisi del 2008 ‒ la tendenza a risparmiare ha subito una preoccupante inversione. Come interpretare questi dati? Non serve un illuminato per capire che cosa sta accadendo: l’enorme massa dei disoccupati ‒ o comunque dei precari economicamente non autosufficienti ‒ compresi tra i 20 e i 35 anni sta sopravvivendo solo e soltanto grazie al sostegno dei genitori.
L’economia italiana è in caduta libera, e l’apparente stato di normalità percepito ingenuamente da molti deriva dal fatto che un’intera generazione riesce a pena a galleggiare erodendo il risparmio delle famiglie. Non ci sono né crescita né sviluppo né occupazione reali. La condizione in cui versa lo Stivale è pari a quella di un’immensa nave da crociera dove tutti si ostinino a sollazzarsi senza rendersi conto che entro breve l’intero bastimento si ritroverà in mezzo all’oceano senza viveri e senza carburante.
3. Ora, se questo è il contesto cui far fronte, l’istituzione del reddito minimo garantito proposta da Grillo appare, oltre che un sacrosanto gesto di civiltà, una misura necessaria e indifferibile al fine di evitare un’autentica catastrofe sociale. È palese, infatti, che l’esercito dei senza lavoro ‒ a cui va aggiunta tutta quella larga fetta di povertà che eccede di gran lunga i dati sulla disoccupazione (secondo i dati ISTAT per il 2012 la povertà relativa coinvolge il 12,7% delle famiglie) ‒ rappresenta una massa economicamente emarginata, senza alcun poter d’acquisto, la cui esistenza minaccia alle fondamenta la tenuta dell’intera nazione: non v’è infatti sistema economico che possa resistere ad una drastica contrazione dei consumi quale quella cui andiamo necessariamente incontro.
4. Va da sé che per opporsi al reddito di cittadinanza le oligarchie capitalistiche ‒ che campano sullo sfruttamento e sull’idea che quanto più il mercato del lavoro è precario, tanto più la gente, costantemente sotto ricatto, sarà disposta a lavorare per salari risibili ‒ accampano sempre i soliti pretesti.
Anzitutto: non ci sono i soldi; secondariamente: se esistesse un reddito minimo garantito nessuno sarebbe più incentivato a cercare lavoro. Si tratta ovviamente di balle colossali. Alla seconda dedicherò specificamente un prossimo articolo. Per quanto concerne la prima, cioè dove prendere i soldi, la risposta è semplicissima: da chi ne ha troppi. A riguardo, rimando ancora una volta a un servizio di Santoro, dove una specie di parvenu in grisaglia, mentre, argomentando in modo improbabile, cerca di smerciare caffè a peso d’oro, sostiene quanto segue: “è il caffè più prestigioso del mondo […] il Kopi Luwak: ha la particolarità di essere diciamo… mangiato da una razza di furetti che si chiamano Luwak e… con le deiezioni… la drupa viene raccolta, viene lavato e viene tostato in Italia”. Prezzo modico: 600 € al kilo. “E lo comprano? Assolutamente sì”. Expressis verbis: a Milano, proprio a fianco ai poveracci che muoiono di fame, c’è gente che è disposta a spendere 600 € per sorseggiare un caffè cagato da un furetto. Ma forse cotali gourmet col SUV in terza fila ignorano che c’è chi mangia merda tutti i giorni. Facciamogliela degustare, allora, visto che è gratis.