Helmut Newton racconta nella sua autobiografia che da ragazzo era solito frequentare una piscina di Berlino: allora – parliamo degli anni ’30 – le nuotatrici indossavano costumi di lana sottile che aderivano al corpo. Il tessuto impiegava molto tempo ad asciugarsi e i capezzoli rimanevano a lungo turgidi. Quell’immagine gli rimase impressa e diede origine a fantasie e a momenti di grande soddisfazione “en solitaire”.
Il corpo femminile è bellissimo ed ancor più eccitante è scoprirlo ed ornarlo. Edouard Manet dipinse Olympia nuda con un nastrino che le cinge il collo.
E la Venere dormiente di Dirk de Quade van Ravesteyn è “vestita” con un lungo gioiello che le si avventura tra il seno.
Sui Social Network è fin nauseante l’esibizionismo di gambe, piedi, seni e ammiccamenti vari. Frasi pseudo seduttive in cui si cita la sensualità della donna nuda che indossa solo i tacchi per essere avvenente. Hanno scoperto l’acqua calda.
E’ vero che l’uomo si intriga a guardare. Allora perché non provare a scoprirsi in privato e a evitare di esibire troppo in pubblico? Proviamo a stupire e a stupirci e torniamo ad imparare l’arte del nascondere e successivamente mostrare con voluttà.
Indossare un tubino accollato, un pullover e pantaloni maschili per poi rivelare una culotte open (aperta sui glutei). Oppure uno stringivita trasparente da cui fa capolino l’ombelico e che mette in risalto il seno e i fianchi. Ma anche una sottile catena dorata attorno alla vita, o una cravatta con cui poi si potrà giocare.
Purtroppo oggi un capezzolo sotto un tessuto bagnato non fa più sognare, caro adorato Helmut.