Durante la puntata di "Sgarbi Quotidiani" del 7 aprile del 1995, il critico lesse una lettera dove un anonimo sosteneva di avere raccolto la testimonianza di don Pino Puglisi, ucciso nel '93. Il prete avrebbe confessato di aver ricevuto pressioni dall'allora capo della Procura di Palermo che gli voleva far denunciare fatti di mafia, violando anche il vincolo sacerdotale, dichiarando: "Ha fatto di me consapevolmente un sicuro bersaglio"
Vittorio Sgarbi è stato condannato a pagare a Gian Carlo Caselli, capo della Procura di Torino, un risarcimento di 100mila euro. Lo ha deciso il giudice Antonio Liberto Porracciolo del tribunale civile di Caltanissetta.
Caselli, che all’epoca guidava la Procura della Repubblica di Palermo, si sentì diffamato dal critico d’arte, all’epoca deputato, durante la trasmissione “Sgarbi Quotidiani”, andata in onda il 7 aprile del 1995. Durante la puntata Sgarbi lesse una lettera di un anonimo che sosteneva di avere raccolto una confidenza di don Pino Puglisi, il prete ucciso dalla mafia il 15 settembre del 1993 nel quartiere palermitano di Brancaccio, nel giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, da un commando di Cosa Nostra composto tra gli altri da Gaspare Spatuzza e Salvatore Grigoli, per ordine dei boss Filippo e Giuseppe Graviano.
Il sacerdote avrebbe riferito all’anonimo di essere turbato per le pressioni di Caselli perché denunciasse i fatti di mafia di cui era a conoscenza, anche violando il vincolo del segreto confessionale. “Caselli – avrebbe aggiunto don Puglisi – ha fatto di me consapevolmente un sicuro bersaglio”. Negando le pressioni che gli venivano attribuite dall’anonimo, Caselli ha querelato Sgarbi per diffamazione a mezzo stampa ma il procedimento si è prescritto in sede penale. Tramite l’avvocato Antonio Coppola, lo ha anche citato in giudizio per danni morali. Ora è arrivata la sentenza che riconosce all’ex procuratore un risarcimento di 100 mila euro, cifra Sgarbi dovrà pagare in solido con Rti, la società del gruppo Mediaset che gestisce Canale 5.