C’è Flavio Carboni, l’uomo d’affari condannato per il crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, e imputato ma assolto per l’omicidio del banchiere. C’è il governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci. C’è il giudice tributario Pasquale Lombardi. E ci sono l’imprenditore Arcangelo Martino e l’ex primo presidente della Corte di Cassazione, Vincenzo Carbone. Tutti rinviati a giudizio dal gup di Roma, Elvira Tamburelli, insieme ad altre tredici persone, con l’accusa di aver fatto parte della cosiddetta P3 che secondo l’indagine svolta dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal pubblico ministero Rodolfo Sabelli puntava a “condizionare il funzionamento degli organi costituzionali o di rilevanza costituzionale, nonché apparati della pubblica amministrazione dello Stato e degli enti locali”.
Il processo è stato fissato per il 9 aprile davanti alla quarta sezione penale. I reati contestati vanno dalla violazione della legge Anselmi sulle società segrete, all’associazione per delinquere finalizzata a realizzare una serie di delitti, dalla corruzione all’abuso d’ufficio e illecito finanziamento dei partiti, fino alla diffamazione.
Gli altri imputati sono: Massimo Parisi, Pierluigi Picerno, Pinello Cossu, Ignazio Fabris, Marcello Garau, Alessandro Fornari, Fabio Porcellini, Giuseppe Tomassetti, Antonella Pau, Maria Laura Scanu Concas, Stefano Porcu e Ernesto Sica. Stralciate, il mese scorso, invece, le posizioni dell’ex coordinatore del Pdl, Denis Verdini, dell’ex senatore Marcello Dell’Utri e dell’ex sottosegretario Nicola Cosentino, coinvolto nell’indagine per il reato di diffamazione ai danni del governatore della Campania, Stefano Caldoro. Per loro il gup è in attesa della risposta del Parlamento sull’utilizzo di intercettazioni telefoniche che li coinvolgono.
Per la Procura di Roma la loggia, oltre a cercare di “condizionare gli organi costituzionali dello Stato”, aveva affari e interessi ovunque. Soprattutto mirava a inserirsi nel business dell’eolico e delle bonifiche delle zone inquinate della Sardegna. Secondo i magistrati romani l’affare sarebbe stato gestito da Flavio Carboni, imprenditore di Torralba (Sassari), che avrebbe fatto di tutto per mettere uomini di sua fiducia nei centri decisionali per la corsa alle energie rinnovabili. Ed è qui che entrerebbe in gioco il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci – al quale non è mai stata contestato il reato di associazione segreta – che deve rispondere di abuso d’ufficio per la nomina a capo dell’Arpas, agenzia regionale all’ambiente, di Ignazio Farris, considerato uomo di Carboni.
Sempre a Carboni avrebbero fatto capo il presidente del consorzio Tea (bonifiche) Pinello Cossu e l’ex funzionario del comune di Porto Torres, Marcello Garau anche loro indagati con Antonella Pau, compagna di Carboni considerata sua prestanome, Maria Laura Scanu Concas, moglie di Carboni e considerata sua prestanome, e il direttore dell’Unicredit di Iglesias Stefano Porcu, che per l’accusa avrebbe permesso la gestione impropria di “somme di pertinenza del sodalizio”.
I membri della cosiddetta P3, per l’accusa, si sarebbero dati da fare per “influenzare la decisione della Consulta nel giudizio sul cosiddetto lodo Alfano“. Inoltre sarebbero intervenuti “ripetutamente sul Csm (Consiglio superiore della magistratura, ndr) per indirizzare la scelta dei candidati e incarichi direttivi (presidente della Corte di appello di Milano e Salerno, procuratore della repubblica di Isernia e Nocera Inferiore) “nonché sulla Cassazione per “favorire una conclusione favorevole alla parte privata di cause pendenti sia di natura civile (Lodo Mondadori) che penale (ricorso contro la misura cautelare disposta dalla magistratura napoletana nei confronti dell’onorevole Nicola Cosentino)”.