Nei circa 51mila istituti scolastici italiani si presenta una casistica di situazioni relative agli alunni molto differenti tra una scuola e l’altra e tra zone del territorio nazionale. Migrazioni, drammi sociali, affidamenti, disgrazie costituiscono da sempre eventualità che la scuola deve contemplare ed evitare di esasperare mediante sovraesposizioni che creino disparità e discriminazioni. La rappresentanza legale dei minori si configura sulla base di questo scenario eterogeneo, talvolta lontano anni luce dalla tradizionale iconografia familiare e familistica composta da un padre maschio e da una madre femmina. Da decenni, proprio in questa più o meno consapevole prospettiva, sui libretti delle assenze compare la dicitura “firma del/i genitore/i o di chi ne fa le veci”.
Appare dunque particolarmente curioso (e probabilmente strumentale) il clamore suscitato dalla decisione della dirigente scolastica di un liceo classico di Roma, il Mamiani, di introdurre nel libretto la dicitura Genitore 1 e Genitore 2. Reazione, peraltro, tardiva, considerando che il provvedimento risale a più di un anno fa. Forse in quella scuola in precedenza esisteva una modulistica che distingueva ruolo e sesso dei genitori, superata nella maggior parte delle scuole italiane. Il clamore è scarsamente comprensibile, soprattutto per il fatto che l’uso esclusivo del termine “genitore” (riproposto anche dal criticatissimo Liceo Mamiani) rappresenta in realtà – come si diceva – una interpretazione riduttiva dell’arco delle possibili forme di rappresentanza legale di un minore.
Il concetto familistico del nostro ordinamento – quello al quale con passione e veemenza degni di miglior causa si è appellato, tra gli altri, il non rimpianto sindaco Alemanno – non è affatto superato dalla dicitura del Mamiani: fino al raggiungimento della capacità giuridica piena, molte sono le figure – oltre ai genitori – che possono esercitare la rappresentanza legale di un minore. La sacrosanta possibilità di aprire un varco ad eventuali organizzazioni sociali alternative alla famiglia tradizionale, in particolare con coppie omosessuali, ma non solo, non è quindi particolarmente favorita, né tanto meno anticipata, da quanto è scritto sul libretto delle giustificazioni del liceo romano più di quanto non lo sia dalla dicitura in uso nella maggior parte delle scuole.
Sostituire il termine “genitore” con “rappresentante legale” potrebbe configurare soluzioni di ben altra portata “trasgressiva” rispetto alla tradizionale famiglia borghese che tanto fa accalorare non solo Alemanno, che per l’occasione si lancia in una lettura tutta personale della Costituzione: “Mi auguro che il Provveditorato agli studi intervenga immediatamente per correggere questa assurda iniziativa riportandola dentro l’alveo della Costituzione. Ricordo infatti a tutti i più illuminati progressisti, che in genere si atteggiano a grandi difensori della Costituzione della Repubblica italiana, che la nostra Carta fondativa parla esplicitamente di famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna finalizzata alla procreazione. Qualsiasi altra idea in merito non solo colpisce la nostra tradizione civile e religiosa, ma è contraria al nostro dettato costituzionale e quindi deve essere immediatamente corretta”.
Ma anche la capogruppo exPdl al Comune di Roma, Sveva Belviso, ci rassicura: “Per me e la stragrande parte degli italiani e dei romani le parole madre e padre sono intoccabili”. Per Federico Iadicicco e Fabio Rampelli di Fdi “annullare la denominazione padre e madre non è un fatto burocratico ma mina alle radici la struttura identitaria della persona”. Punti di vista, come quello della solita Binetti, che ha lanciato strali contro il Mamiani, colpevole – a suo dire – di mancato coinvolgimento di famiglie, studenti e docenti nella decisione. Così non è, come possono affermare rappresentanti di ciascuna di queste componenti.
Rassicurati da queste dichiarazioni di fervente conservatorismo da parte di esponenti di partiti e fazioni politiche che a più riprese hanno garantito – come è noto a tutti da tempo -condotte pubbliche irreprensibili, ci limitiamo ad osservare che – a quanto pare – per un po’ di visibilità (soprattutto in momenti critici, come quello dell’ex sindaco Alemanno) si farebbe qualsiasi cosa. Troppo rumore per nulla. Ma le incursioni improprie ed arbitrarie sono sempre pericolose e vanno seguite con attenzione.