Non trova pace la storia della multinazionale dei cancelli automatici Faac. Il giudice del tribunale di Bologna ha chiesto nuovamente di mettere i sigilli sull'eredità di Michelangelo Manini dopo che il 15 novembre la Corte d'appello aveva dichiarato l'inefficacia della stessa operazione in atto da oltre un anno
C’è un nuovo colpo di scena nella vicenda della multinazionale dei cancelli automatici Faac. Il giudice del tribunale di Bologna, Maria Fiammetta Squarzoni ha infatti disposto nuovamente il sequestro di tutta l’eredità di Michelangelo Manini, di cui la Faac è la parte più sostanziosa. La decisione arriva dopo che venerdì 15 novembre scorso la Corte d’appello aveva invece dichiarato l’inefficacia del sequestro in atto da oltre un anno. A questo punto il lascito da oltre un miliardo di euro che Manini, morto a marzo 2012, con un presunto testamento olografo lasciò alla Chiesa cattolica e quindi alla Curia, torna in mano al custode giudiziario.
Per la giudice Squarzoni che ha ridisposto il blocco dei beni del manager defunto finiti in eredità all’Arcidiocesi di Bologna, al momento “in sostanza il ricorrente evidenzia che la sentenza di secondo grado non incide sui presupposti del sequestro giudiziario”. Il giudice ha quindi accolto il ricorso dei parenti di Manini che hanno sempre sostenuto la falsità di quei testamenti. E una volta appreso della decisione della Corte d’appello, avevano immediatamente fatto ricorso perché il patrimonio tornasse sotto custodia giudiziaria. Tuttavia per il 29 novembre prossimo l’Arcidiocesi potrà difendersi in una nuova udienza e a quel punto ci sarà una decisione definitiva.
Il 15 novembre la Corte d’appello di Bologna aveva dichiarato inefficace il sequestro dei beni del defunto Michelangelo Manini accogliendo l’istanza presentata dall’arcidiocesi di Bologna, secondo la quale i parenti non avevano dato esecuzione al sequestro entro i termini previsti dalla legge, cioè i trenta giorni: per questo aveva dichiarato il sequestro inefficace ordinando al custode giudiziario di restituire tutti i beni. Secondo i giudici infatti della corte d’appello la scadenza era il 3 gennaio 2013 e non il 14, come interpretato dai familiari. Ora però il tribunale rimette tutto in gioco.
Inoltre, con un altro provvedimento il tribunale di Bologna ha respinto la richiesta presentata dall’Arcidiocesi che mirava alla rimozione del professor Paolo Bastia dalla carica custode giudiziario perché ritenuto non idoneo al ruolo. Mariangela Manini, cugina del defunto che ha rivelato di essere in realtà sorella (e per questa questione c’è un procedimento aperto), ha commentato la decisione del giudice Squarzoni in questo modo “Oggi sono soddisfatta io. Dopo le campane suonano sempre le trombe del giudizio”.
Ma la vicenda Faac ha molti altri risvolti, anche penali. A ottobre erano stati resi noti i risultati della consulenza grafologica sui testamenti disposta dalla procura: i Ris di Parma avevano escluso il falso e dato ragione alla Curia, assicurando che a scriverli fu la stessa mano degli scritti indicati dai legali dell’Arcidiocesi (di parere opposto il consulente dei parenti di Manini). Sulla base di ciò la procura aveva chiesto l’archiviazione dell’inchiesta per falso. Inoltre aveva spiegato nelle motivazioni alla richiesta di archiviazione che Manini non era in buoni rapporti coi parenti e per questo li aveva esclusi dall’eredità. Per i pm, inoltre, le condizioni di salute dell’imprenditore non avrebbero pregiudicato la sua capacità di intendere e di volere.