Il disegno di legge dovrebbe arrivare il 20 novembre sul tavolo del consiglio dei ministri. Secondo il progetto del governo il Senato diventerebbe un'assemblea di delegati regionali e non voterebbe più la fiducia
Taglio dei parlamentari (da 945 a 680) e trasformazione del Senato in Camera delle Regioni. Sulle riforme costituzionali il governo spinge sull’acceleratore “anche per dare una mano al Parlamento per fare una riforma seria della legge elettorale“, commenta il ministro Gaetano Quagliariello. E la bozza, che dovrebbe approdare sul tavolo del prossimo Consiglio dei ministri, sembra ormai solo ai “ritocchi” finali.
Secondo il progetto del disegno di legge i senatori dovrebbero diventare 200 e i deputati 480. La quota degli italiani all’estero resterebbe solo a Palazzo Madama. Il Senato dovrebbe diventare davvero la Camera delle regioni (come auspica soprattutto la Lega da almeno due legislature) nel senso che i componenti di palazzo Madama dovrebbero essere eletti insieme ai consigli regionali. La “Camera alta” si trasformerebbe, insomma, in una sorta di “organismo perenne” nel senso che i suoi esponenti decadrebbero e si rinnoverebbero insieme ai Consigli regionali. Per ogni regione la base di senatori non sarebbe più di 7, com’è ora, ma si ridurrebbe a 5 (per la “sforbiciata” che subirebbero i parlamentari). Ad eccezione della Valle d’Aosta che ne avrebbe sempre uno, del Molise che potrebbe contare su due e per il Trentino Alto Adige che resterebbe a quota 6 a garanzia delle minoranze linguistiche.
Tra le altre proposte la quota degli italiani all’estero dovrebbe “salvarsi” solo al Senato, mentre verrebbe abolita alla Camera. Ma soprattutto Palazzo Madama non dovrebbe più votare la fiducia al governo: “incombenza” che resterebbe in capo esclusivamente a Montecitorio. Camera e Senato dovrebbero decidere insieme solo sui provvedimenti più importanti come le leggi di riforma costituzionale o quelle che riguardano l’ ordinamento, oltre alle norme che regolano i rapporti tra Stato e regioni. Su tutte le altre decide la Camera e basta.
Quella “Alta” potrà chiedere di avere voce in capitolo su alcuni progetti di legge (“potere di richiamo“) ma potrà farlo a due condizioni: che raggiunga un certo quorum (si starebbe decidendo ancora la “soglia”) per inoltrare la domanda; e che alla fine sia sempre Montecitorio ad avere l’ultima parola.
In attesa di capire cosa succederà in Cdm sul fronte riforme, sulla legge elettorale si potrebbe soprassedere. Se il progetto di legge che i tecnici di Quagliariello stanno mettendo a punto dovesse avere un iter rapido, è probabile che in Parlamento si rinunci all’idea di “confezionare” la cosiddetta “clausola di salvaguardia“. Se la riforma passasse, infatti, si preferirebbe puntare a un sistema elettorale definitivo, conseguente alle modifiche costituzionali. E se così fosse, la riforma Quagliariello potrebbe cominciare il suo iter parlamentare al Senato, mentre quella elettorale potrebbe “trasferirsi” alla Camera. Come chiedono da tempo i renziani.
Ma oltre all’accelerazione delle riforme, uno dei motivi per cui domani in commissione Affari Costituzionali del Senato potrebbe non esserci alcun voto è che si devono riequilibrare gli assetti all’interno delle commissioni. In quella presieduta da Anna Finocchiaro, ad esempio, non c’è un solo esponente del “Nuovo Centrodestra” (tutti e 7 sono di FI). Ed è quindi molto probabile che a un voto su un tema così sensibile come quello elettorale non si arrivi in queste condizioni. Domani, si riunirà, insomma, l’ufficio di presidenza della commissione per decidere quando calendarizzare il voto sull’odg di Roberto Calderoli a favore del Mattarellum. Oltre a quello già esistente del M5S (diverso comunque da quello della Lega) se ne aggiunge oggi anche un altro: quello del Pd firmato da Isabella De Monte e Felice Casson. Sulla cui ammissibilità ci si deve ancora pronunciare.