L’Italia resta tra i Paesi europei più tartassati dalla pressione fiscale. A certificarlo, se qualcuno aveva ancora dei dubbi,  è il rapporto Paying Taxes 2014 di Banca Mondiale, Ifc e Pwc. Sui 189 Paesi messi in classifica dal rapporto, infatti, la Penisola occupa il 138esimo posto, uno scivolone di 7 posizioni rispetto al 131esimo del 2012. Tra i dati evidenziati, spicca il carico fiscale delle imprese che vede l’Italia registrare il record negativo con un dato complessivo pari al 65,8% dei profitti (era del 68,3% nel 2012) contro una media Ue ed Efta scesa dal 42,6 al 41,1% e una media mondiale passata dal 44,7 al 43,1 per cento.

Gli oneri vengono misurati dallo studio sulla base di tre indicatori: il total tax rate (carico fiscale complessivo), il tempo necessario per i relativi adempimenti burocratici e il numero di versamenti effettuati. Per quanto riguarda il primo indicatore Roma occupa la 172esima posizione e segna appunto il record negativo del Vecchio Continente. Sul secondo punto, i calcoli degli analisti parlano di 269 ore all’anno dedicate agli adempimenti fiscali che si confrontano con una media di 179 in Europa e di 268 nel mondo e collocano il Paese nella 120esima posizione. Va un po’ meglio solo se si guarda al numero di pagamenti: 15 all’anno contro una media europea di 13,1 e una mondiale di 26,7, che mettono l’Italia al 62esimo posto.

Per quanto riguarda la classifica europea per carico fiscale l’Italia precede la Francia (169esima al mondo con una percentuale del 64,7% dei profitti in tasse) e la Spagna (162esima con il 58,6%). A vincere la sfida del fisco leggero sono la Croazia, (16esima al mondo con un tax rate del 19,8%), davanti a Lussemburgo (17esima con il 20,7%) e Cipro (22° con il 22,5%). A livello globale i Paesi in cui è più semplice pagare le tasse sono, nell’ordine: Emirati Arabi Uniti, Qatar e Arabia Saudita mentre i problemi maggiori si incontrano in Chad, Repubblica Centrale Africana e Venezuela.

Il tema dellle tasse di Roma è al centro anche di un editoriale pubblicato martedì 19 dal Wall Street Journal. “Con una economia che stenta a ripartire e una disoccupazione a livelli record, il peso delle tasse in Italia potrebbe distruggere le prospettive di ripresa”, scrive il quotidiano finanziario del gruppo Murdoch. “L’enorme peso delle tasse” su aziende e lavoratori secondo il giornale di Wall Street è una delle principali cause per la scarsa crescita dell’Italia negli ultimi dieci anni, addirittura “la più bassa tra i 34 Paesi dell’area Ocse”.

Il Wsj in particolare sottolinea come l’Italia si distingue in Europa per la sua dipendenza dalle tasse sul lavoro, pagate da imprese e dipendenti, per finanziare il sistema pensionistico: “l’esborso per le pensioni di anzianità rappresenta circa il 13% del Pil, ossia un terzo più alto rispetto alla Germania e il doppio rispetto agli Usa, secondo i dati Ocse”. E ancora: “l’assurdità è che un lavoratore italiano costa più di uno spagnolo ma ha uno stipendio più basso”, dice al giornale Riccardo Illy. Secondo Paolo Manasse, professore di economia all’università di Bologna, il governo dovrebbe tagliare altri 30 miliardi di euro di tasse sul lavoro per essere in linea con la media Ocse.

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