“In 24 ore è caduta la pioggia di sei mesi”, dice il capo della Protezione civile, Gabrielli. Identica frase si sentì dopo l’alluvione a Genova e alle Cinque Terre. Magari è un modulo prestampato.
Gabrielli dovrebbe aggiungere: in 20 anni in Sardegna s’è costruito più che in 10 secoli. Ma anche: in un anno inquiniamo più che in due millenni. La pioggia. Il cielo. Il destino. L’alibi perfetto per non trovare le vere cause (e colpe). Ormai ogni anno, a novembre, in poche ore piove come in sei mesi. Il punto – taciuto da Gabrielli, Letta, Cappellacci, tutti – è che in Sardegna dal 1960 si sono costruiti decine di milioni di metri cubi di cemento. E se ne prevedono altri 45, benedetti da destra e sinistra. Da Benetton e Montepaschi. Sul cemento l’acqua corre più veloce, intasa i torrenti mai puliti, provoca alluvioni. Uccide. Gli amministratori fingono di ignorarlo, trascurando il loro primo compito: la cura del territorio e quindi delle persone.
Tra poche settimane anche questa tragedia sarà dimenticata. Come Giampilieri, come Genova. Sardegna, Sicilia, Liguria, tre regioni svendute al partito del cemento. Ma le alluvioni non vengono solo dal cielo, cominciano nelle sale dei consigli comunali, regionali. A Roma. E perfino in Europa, nei patetici vertici internazionali sull’ambiente. E’ importante essere intransigenti sui conti. Ma insieme, o forse prima, occorrerebbe risanare l’aria che esplode in “bombe d’acqua”. La politica, non solo italiana, svilisce il suo compito. Tradisce le persone. In Italia fanno 3. 500 morti in 50 anni. Senza contare i costi: l’alluvione di Genova 2011 ha provocato oltre un miliardo di danni. Mettere in sicurezza il territorio sarebbe costato un quinto. Invece si punta sulle grandi opere: con i 10 miliardi della sola Mestre-Orte (destra-sinistra-Napolitano) si risanerebbero intere regioni. Ma le persone salvate non si contano. Le bonifiche non si inaugurano con tagli di nastro, non portano voti. E nemmeno soldi.
il Fatto Quotidiano, 20 Novembre 2013