Mentre in questi giorni incalza la polemica sulle retribuzioni dei super manager nella Pubblica amministrazione, un’altra “rivoluzione” sta interessando il settore. Ed anche se non fa molta notizia, esiste in Italia una categoria professionale, che è quella dei segretari comunali e provinciali, che si sta tentando di smantellare sotto il silenzio della classe politica che, anzi, si sta rendendo complice di questo processo.
Il sindaco di Lodi, Simone Uggetti, ha lanciato una vera e propria campagna per l’abolizione dei segretari. Lo stesso ha fatto fuori il segretario del suo Comune che dalla sera alla mattina si è trovato senza lavoro. Nessuna motivazione particolare se non quella economica. Per Uggetti il Comune può evitare di spendere circa 250 mila euro l’anno (cifra che comunque va verificata) per mantenere la figura del segretario. Tanto vale nominare un dirigente, meglio se di sua fiducia, che affianchi il primo cittadino nell’attività amministrativa. Sappiamo bene che il dirigente non lavora gratis, anzi. Però, almeno sulla fiducia, si può stare tranquilli!
La provocazione di Uggetti ha avuto seguito tanto che il secondo degli epurati senza giustificazione è il segretario generale di Rovato, Alberto Bignone. Il “suo” sindaco leghista, Roberta Martinelli, non ci ha pensato molto prima di revocare l’incarico. Il primo cittadino, in questo caso, ha ignorato completamente che Bignone era segretario di una convenzione di segreteria, quindi non poteva assumere da solo l’iniziativa, oltre che essere responsabile dell’anticorruzione. La legge 190 del 2012, infatti, prevede che “il provvedimento di revoca di cui all’articolo 100, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è comunicato dal prefetto all’Autorità nazionale anticorruzione, di cui al comma 1 del presente articolo, che si esprime entro trenta giorni. Decorso tale termine, la revoca diventa efficace, salvo che l’Autorità rilevi che la stessa sia correlata alle attività svolte dal segretario in materia di prevenzione della corruzione”.
Anticipatore di questo tipo di iniziative era stato il comune di Villafranca. Doriana Sacchetti non è stata confermata segretario generale del Comune, dopo avere predisposto controlli interni stabiliti proprio dalla legge 190/2012. Anche la Sacchetti era responsabile dell’Anticorruzione. Un caso? I politici, insomma, stanno tentando di fare fuori i segretari poco allineati, senza giustificazione. In tutti i provvedimenti, infatti, non c’è un richiamo, una nota, un precedente che attesti la mala gestione del segretario. Solo prese di posizione che, se non giustificate, rischiano di essere male interpretate. Può darsi che i sindaci vogliano amministrare a mani libere e avere uomini di fiducia? Che fine fa la meritocrazia? Il controllato può scegliere il controllore? Chi vigila sull’Anticorruzione?
Da qualche tempo, la categoria dei segretari comunali, tramite i loro sindacati, si è esposta chiedendo che la politica non intervenga nella selezione degli stessi, proprio per evitare conflitti e difficoltà nella gestione del lavoro. È forse questo che da fastidio ai sindaci? Da quanto si è appreso nelle ultime ore, pare che anche nel “caso” di Rovato, la vera causa della revoca sia da cercare nell’attuazione del sistema di controllo anticorruzione imposto dalla legge. Ma gestire le carte di un Ente, non dovrebbe essere soltanto qualcosa di imposto per “legge”, bensì dall’etica pubblica. Nel caso di Rovato, pare siano stati evidenziati sistemi di gestione di appalti piuttosto allegri.
Dunque, se proprio non si riescono ad eludere le norme in altro modo, allora si ricorre ad estremi rimedi, nascondendosi dietro motivazioni economiche e tentando di aizzare le folle. I sindaci, forse, dovrebbero chiarire meglio come intendono muoversi sull’anticorruzione… Va bene l’autonomia amministrativa ma è mai possibile che si trasformi sempre in libero arbitrio? Magari quelli compiacenti, segretari e non, stanno comodamente al proprio posto.