Giorno da statisti il 20 novembre. Nel 1183 Baldovino V viene incoronato re di Gerusalemme. Nel 1272 Edoardo diventa re di Inghilterra. Nel 1910 scoppia la rivoluzione in Messico e nel 1917 l’Ucraina diventa repubblica. Nel 1945 inizia il processo di Norimberga. Nel 1962 si chiude la crisi dei missili di Cuba. Nel 1989 l’Onu approva la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia. Il 1994 è ricordato in Angola per la fine della ventennale guerra civile. Nel 2007 i Savoia chiedono al Presidente Napolitano un risarcimento di circa 260 milioni di euro per l’esilio.
E nel 2013 l’elenco si completa con la fiducia al ministro Cancellieri. Non serve aggiungere molto alle già vivaci cronache politiche. Il fatto è che al 20 novembre non si doveva nemmeno arrivare. E altrove probabilmente non ci si sarebbe davvero arrivati. Perché altrove? Bah, basta rincorrere altre date e altri nomi, pari grado del Guardasigilli.
In Svezia Mona Sahlin nel 1995 rassegna le dimissioni da viceministro. Per distrazione acquista pannolini e cioccolata per i figli con la carta di credito fornita dallo Stato. Nel 2002 in Gran Bretagna il governo Blair perde il ministro Estelle Morris. In lacrime la titolare dell’istruzione confessa di non sentirsi all’altezza del compito. Andiamo ora dalle parti di Pechino, dove nel 2007 se ne va “per ragioni personali” il ministro delle finanze Jin Renging. Da indiscrezioni dell’epoca dietro il congedo volontario ci sarebbe stata un’amante. Una scappatella extraconiugale è costata – sempre sua sponte – la poltrona anche a Jérôme Boukouma, ministro del lavoro del Burkina Faso. Il marrano ebbe un figlio con una donna che ancora attendeva il divorzio. Sempre in Scandinavia, questa volta in Finlandia, Ilkka Kanerva si dimette nel 2008 da ministro degli esteri dopo un sms troppo osé a una spogliarellista. Non dovrà più difendere la premier Tarja Halonen dalla avance del playboy Berlusconi.
Dall’altra parte dell’emisfero un’avventura con una ragazza di 26 anni costa cara a John Della Bosca, che nel 2009 lascia il ministero della sanità del Nuovo Galles del sud (Australia). Molti lo davano già per futuro premier. Cambia il continente ma non l’esito con Chris Lee, parlamentare americano: un sito di gossip pubblica nel 2011 alcune mail inviate a una donna conosciuta in rete. Nelle mail allega anche una foto a torso nudo. La moglie non gradisce. Lui non aspetta nemmeno il parere delle sue elettrici per fare gran rifiuto.
C’è anche chi paga per colpe altrui. Come Jacqui Smith, ministro dell’Interno inglese, che nel 2009 scopre di aver chiesto il rimborso della pay per view per due film a luci rosse acquistati dal marito. Le 67 sterline più care della storia.
Rimanendo in Europa, nella Grecia del pre-default, anno 2008, Teodoro Roussopoulos, portavoce del governo, si dimette per un presunto scandalo immobiliare. Nega qualsiasi addebito e attende l’esito delle indagini, ma non se la sente di “pesare sull’attività dell’esecutivo”.
Per non parlare della Germania, dove nel 2011 Karl-Theodor zu Guttenberg, ministro della difesa, se ne va rosso in volto per accuse di plagio relative alla sua tesi di dottorato. Sempre a Berlino e sempre tesi di dottorato: proprio quest’anno il passo indietro è toccato ad Annette Schavan, dal 2005 ministro dell’istruzione. É accusata di aver copiato. Lei fa ricorso contro l’università. Ma lo fa ormai da semplice cittadina.
La sequela di precedenti si potrebbe chiudere idealmente con Ehud Olmert. L’ex premier israeliano si dimise nel 2008 perché (a differenza però della Cancellieri) era indagato per corruzione. La storia processuale dirà che era colpevole (verrà condannato a un anno di carcere con la condizionale). Ma la frase che lascia in eredità a Gerusalemme se la ricordano ancora: “Sono fiero di appartenere a uno Stato in cui un premier può essere investigato come un semplice cittadino … mi faccio da parte perché anche il primo ministro dev’essere giudicato come gli altri”.
Ed eccoci in Italia. Qui da noi non so cosa sia sbagliato. Pardon, cosa sia più sbagliato. Se il ministro che chiama Ligresti, o Ligresti che dice di averla favorita per mantenere la prefettura a Parma, o ancora Letta che ne fa una questione di governo, o i parlamentari che gli danno retta.
Ma si sa, date a parte, siamo terra di statisti. Statisti che non capiscono come un fatto può non essere reato ma essere allo stesso tempo eticamente riprovevole. Gli esempi sopra parlano di persone che lo avevano capito. Noi consoliamoci con le parole dette pochi giorni fa da Piercamillo Davigo, ospite di un convegno a Ferrara. Mentre parla del dovere di astensione da parte di un funzionario di fronte a casi in cui sono coinvolte persone con cui intrattiene rapporti personali, il consigliere della Corte di Cassazione ricorda che “molte pubbliche amministrazioni hanno norme interne dalle quali dovrebbe discendere anche una regola etica di comportamento che preveda questo: il dovere di astensione, per esempio. Io sono rimasto basito dalla giustificazione che è stata data di recente per l’intervento di un ministro sulla posizione di un detenuto. Dice che “era per ragioni umanitarie”. Intanto se sono amici tuoi non te ne devi occupare: questa è la regola di un funzionario pubblico, fosse anche un ministro”.
E se il concetto non è ancora abbastanza chiaro: “Per inciso – continua Davigo – se un magistrato non si astiene in un processo a carico di un suo amico finisce sotto procedimento disciplinare. Il problema allora è di ritrovare un briciolo di sistematicità tenendo conto che l’area della violazione dei doveri etici è molto più larga di quella dei reati”.