La banca non è un’amica dei clienti. Sembrerà strano, ma la maggior parte degli italiani lo ignora. Così, che si tratti di mancanza di una cultura finanziaria o di pigrizia, poco importa. Il risultato è lo stesso: la fedeltà applicata ai servizi bancari non paga e porta a far spendere di più. Basti pensare che – secondo un sondaggio di Ipr Marketing – un italiano su due è cliente dello stesso istituto di credito da oltre dieci anni. Ma non è così che dovrebbe funzionare.
Il rapporto bancario è tale solo se ci sono fiducia, garanzie e reali condizioni che consentano di ottenere un risparmio. È il caso dei conti correnti, dove tra costi occulti, addebiti errati e mancanza di comparazione tra i prodotti più conveniente presenti sul mercato si arriva a spendere centinaia di euro in più ogni anno.
In fin dei conti, invece, entrare in una banca è come recarsi in un negozio per acquistare l’ultimo modello di smartphone o andare al supermercato per fare la spesa. In base alle esigenze e, soprattutto, alle proprie tasche si dovrebbe scegliere il prodotto più conveniente. I conti correnti bancari aperti da meno di due anni sono, infatti, decisamente più convenienti rispetto a quelli attivi da più tempo, visto che propongono offerte più convenienti nel nome della concorrenza.
Meglio, quindi, mettere in discussione il proprio conto corrente, trovando valide alternative che passano, ad esempio, per i meno dispendiosi conti online che si appoggiano esclusivamente sul web e non prevedono la necessità di avere interazioni con le filiali o di recarsi agli sportelli, garantendo spese più basse sulle operazioni. Da tenere sotto controllo anche le spese che compongono il conto corrente come il canone della carta di credito, il pagamento delle bollette, dei bonifici e dei mutui o il prelievo presso uno sportello bancomat diverso dal proprio circuito.
Un’indicazione supportata anche dai numeri. Nel 2012 – spiega la Banca d’Italia – la spesa media per la gestione di un conto corrente è diminuita per il terzo anno consecutivo, attestandosi a 103,8 euro, in calo di 4,1 euro rispetto all’anno precedente e 6,7 euro in meno del 2010. Ma il risparmio non ha certamente smorzato le polemiche che da anni circolano sui conti del BelPaese considerati i più cari dalla Commissione europea. Un primato negativo che l’Associazione bancaria italiana ha sempre contestato, spiegando che la media rientra in quella europea, perché l’Ue prenderebbe in esame le condizioni massime secondo contratto e non quelle effettivamente praticate, includerebbe nel calcolo anche le imposte di bollo, che – sottolinea l’Abi – non sono commissioni bancarie e inserirebbe le spese di scoperto di conto, forma particolarmente utilizzata in Italia a differenza del resto d’Europa, dove si fa maggiormente ricorso al credito al consumo che non rientra tuttavia in questo calcolo.
Così, anche se dal 2009 la commissione di massimo scoperto è stata abolita, perché giudicata illegale dalla Cassazione, le associazioni dei consumatori non hanno però mai smesso di denunciare nel corso degli anni le banche che hanno spesso reintrodotto il balzello con un nome diverso. E il risultato è sempre lo stesso: rende molto oneroso andare in rosso. I correntisti che lo fanno o che sconfinano il fido concesso oltre i 500 euro per più di una settimana nello stesso trimestre devono, infatti, sborsare in media 50 euro al mese.
“Maggiori spese sui conti correnti italiani che non possono essere più tollerati”, tuona anche l’Autorità garante della concorrenza e del mercato. “Ci sono spazi – ha spiegato l’Antitrust poche settimane fa – per ridurre i costi e risparmiare fino a 180 euro all’anno”. In che modo? “Occorre più informazione ai cittadini e snellire i tempi tecnoburocratici per molte operazioni, come quella dell’apertura e chiusura di un conto”, ha sottolineato.
Meglio, quindi, ricordare che nel disegno di legge collegato alla Legge di stabilità, in corso di approvazione, è prevista una norma che consentirebbe al correntista di spostarsi di volta in volta nell’istituto che offre le migliori condizioni senza alcun vincolo e costo. “Il cliente – si legge nel documento – può chiedere il trasferimento del rapporto di conto presso un’altra banca senza spese aggiuntive di qualsiasi natura ed origine, mediante contratto sottoscritto con la banca di destinazione e comunicato alla banca di origine”. Tutto con una chiara tempistica: 15 giorni per chiudere un conto e aprirne un altro. La disposizione prevede, infatti, che entro il giorno lavorativo successivo alla richiesta di portabilità, la nuova banca chiede le informazioni necessarie e che quella vecchia le fornisca entro i successivi 7 giorni.
Non si è, quindi, obbligati ad accettare silenziosamente e senza discutere tutte le proposte, i servizi e i pacchetti che l’istituto bancario ci offre. E, nel caso ci si rendesse conto che il conto di cui ci serviamo costa di più rispetto a quello che paga un amico o un parente, è possibile rivolgersi ad un’altra banca. Diversificare i prodotti è il miglior sistema per risparmiare. Vanno, poi, letti attentamente prima della sottoscrizione del contratto di conto corrente i documenti sui diritti del cliente, il foglio informativo, l’Indicatore sintetico di costo (Isc) espresso in euro e le modalità di prevenzione di un eventuale contenzioso. E va, altresì, ricordato che chiedere all’istituto bancario delle informazioni non comporta poi l’obbligo di accettarne la proposta.
I correntisti devono, infine, fare attenzione alla nuova normativa che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2014 sull’adeguata verifica della clientela previste dall’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 231 del 21 novembre 2007. In pratica, dal prossimo anno scatterà la verifica dell’identità per gli utenti bancari, postali, assicurativi e finanziari che sono tenuti ad adeguarsi alle verifiche imposte. E se i clienti non trasmetteranno i documenti necessari relativi al conto (il titolare effettivo, la natura e lo scopo del rapporto), rischieranno di vederselo chiuso. Lo scopo è chiaro: continuare a combattere la battaglia contro l’illegalità e il riciclaggio.