Tre miliardi e mezzo di crediti. È la somma arretrata che, secondo i dati di Farmindustria, l’amministrazione pubblica italiana deve alle case farmaceutiche. Del resto il nostro Paese è uno dei più ‘morosi’ verso i produttori, come indicato nei report di grandi aziende quotate a Wall Street, come Pfizer, Abbott e Bristol-Mayers. Che nella documentazione depositata alla Sec, l’ente federale statunitense preposto alla vigilanza della borsa valori, fanno il conto dei pagamenti che non sono ancora riusciti a incassare. In particolare dall’Italia e da Spagna, Grecia, Portogallo e Irlanda.

Al 29 settembre 2013 Pfizer vantava per esempio crediti per 1,3 miliardi di dollari (960 milioni di euro) dalle amministrazioni pubbliche dei cinque Stati, “dove – si legge nella relazione trimestrale – le condizioni economiche rimangono incerte e difficili”. Il colosso proprietario di marchi come il Viagra o il Tavor fa poi il conto delle fatture che attendono di essere pagate da più di un anno. E qui la cifra maggiore, 90 milioni di euro, è in carico a Roma. Segue Madrid con 85, Atene con 35, Lisbona con 24 e Dublino con 4 milioni di euro. “Anche se qualche governo europeo o agenzia governativa a volte ritarda i pagamenti oltre i termini di vendita contrattuale, cerchiamo di affrontare il rischio di insolvenza mantenendo buone relazioni con i nostri clienti”, spiega nel report l’azienda.

La Pfizer non è l’unica società a documentare il ritardo nei pagamenti dell’Italia. Anche la Abbott Laboratories, che commercializza dispositivi cardiovascolari o marche famose per bambini come Pedia Sure, riconosce che il nostro Paese è quello che ha accumulato il più alto debito: 168 milioni di euro al 30 settembre scorso. Prima di Spagna (120), Portogallo (34) e Grecia (20). Il gruppo – si legge nella relazione – “segue da vicino le condizioni economiche e di bilancio” dei quattro Paesi, così come “i progressi fiscali”. Anche un’altra multinazionale del farmaco, la Bristol-Myers Squibb, nel suo report fa riferimento alle difficoltà economiche dovute ai crediti con Grecia, Portogallo, Spagna e Italia: in tutto 137 milioni di euro alla fine del terzo trimestre 2013, senza il dettaglio per ogni Stato.

Non sono solo le compagnie statunitensi ad avere pagamenti arretrati ancora da incassare dai Paesi dell’Europa meridionale. L’azienda chimica e farmaceutica Merck, con sede in Germania, invece, registra al 30 settembre crediti in Italia, Spagna, Grecia e Portogallo per 887 milioni di euro. Di questi, 628 milioni sono a carico del settore pubblico, con la nostra amministrazione che contribuisce per 195 milioni, seconda solo a quella spagnola (301). L’israeliana Teva Pharmaceutical, che riporta nella relazione trimestrale crediti totali per 370 milioni di euro, tiene monitorati in particolare i conti in sospeso nei Paesi che soffrono una situazione di “tensione economica significativa” e predispone azioni per limitare la propria esposizione in questi Stati, tra i quali vengono citati, ancora una volta Grecia, Italia, Portogallo e Spagna, “che sono stati significativamente colpiti dalla crisi” e dove si registra l’aumento del tempo necessario per recuperare i crediti.

@si_ragu

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