Non si fermano le polemiche sulla costruzione dell'edificio a pochi passi dal mare: un'area privata di 220 appartamenti e 2500 metri quadri di commerciale. Secondo il Movimento 5 Stelle non mancano leggerezze procedurali
Sarebbe minato pure da atti irregolari il progetto del nuovo grattacielo che sorgerà in riva al mare a Milano Marittima. Il super palazzo a strati previsto a 50 metri dalla spiaggia, per la riqualificazione della Prima traversa, continua ad essere contestato a suon di interrogazioni parlamentari e regionali, oltre che dai ricorsi di comitati e associazioni. Tuttavia da parte degli enti locali, sostenitori dell’iniziativa, tutto sembra procedere come da copione.
In ballo c’è un piano privato che prevede in un’area privata 220 appartamenti e 2.500 metri quadri di commerciale, un parco pubblico e alcuni accessi diretti alla spiaggia. Il suo cuore è un edificio di 18 piani per 58 metri di altezza e 200 appartamenti, 50 negozi e tre piani di parcheggi interrati. Il tutto porta la firma dell’architetto Mario Cucinella, che non hai mai voluto chiamarlo “grattacielo” preferendo parlare di opera poco invasiva e ultra-moderna.
Pian piano, però, qualche “leggerezza” procedurale sembra emergere. Ne è convinto almeno il Movimento 5 Stelle, che ad inizio ottobre a ben tre ministeri (Beni-Attività culturali e Turismo, Economia e Finanze, Ambiente e Tutela del territorio e del mare) ha rivolto un’interrogazione corale (firmata dai senatori Michela Montevecchi, Maria Mussini, Giovanna Mangili, Vincenzo Santangelo, Stefano Lucidi) chiedendo di rivedere tutto l’impianto del progetto. In Regione continua a dare battaglia il collega Andrea Defranceschi, che ora rilancia il problema dello sfratto alle casette degli eredi dei salinari dai terreni su cui sorgerà il grattacielo e quello del (mancato) via libera della Soprintendenza.
Defranceschi ricostruisce la vicenda: “Il Demanio, incurante del diritto di proprietà e di residenza delle 70 famiglie che abitano le casette, e naturalmente, della vincolo di tutela del ministero dei Beni culturali di cui gode la zona, vende un capitale storico e immobiliare alla Fitecna, una società di diritto privato a capitale interamente pubblico”. Si tratta di un patrimonio che comprende gran parte del centro storico della città, terreni e immobili per 6.000 metri quadri a Milano Marittima più una colonia, nella stessa località, di 60.000 metri quadri.
Costruite alla fine del ‘600, le casette ora sono la residenza degli eredi dei lavoratori delle saline: “Avendo contribuito a costruire la città di Cervia, avevano acquisito il diritto, trasmissibile di padre in figlio, di godere dell’alloggio. Tutti dettagli di cui evidentemente all’agenzia del Demanio si sono dimenticati. E si sono ‘dimenticati’ anche di avvisare i salinari, come per prassi sarebbe invece dovuto avvenire, col risultato che queste persone non hanno potuto far valere il loro diritto di prelazione di acquisto”, spiega nell’interrogazione il consigliere regionale M5s ricordando fra l’altro che il Comune di Cervia non si è certo mai alla vendita.
C’è un altro particolare: secondo il decreto 490 del 1999, le Soprintendenze regionali avrebbero dovuto comunicare alla Regione la vendita dei beni. “Peccato che questo non sia mai stato fatto”, fa notare Defranceschi dopo un accesso agli atti ad hoc: “La risposta che ci ha dato la Regione è chiara. ‘Con riferimento alla richiesta del consigliere regionale Andrea Defranceschi, si informa che nel corrente anno non sono pervenute alla Regione Emilia Romagna comunicazioni della Soprintendenza ai Beni Architettonici di Ravenna relative alla cessione dei beni nel Comune di Cervia’. Ora le famiglie si sono costituite in un comitato che ne rappresenta 60 delle 70 coinvolte, e che ha diffidato Fintecna e Pentagramma Romagna spa dal trattare la disponibilità degli alloggi non potendone vantare la proprietà”.
L’assessore regionale Alfredo Peri rispondeva alla precedente interrogazione del M5s che, relativamente alla questione della prelazione, “l’amministrazione comunale non avrebbe avuto titolo per esercitare il diritto di prelazione sull’acquisto delle proprietà di cui si tratta”, diritto che il codice dei beni culturali concede non solo alla Regione ma anche a Comune e Provincia. Resta da capire cosa risponderà a questo punto la Regione. “A noi sembra che viga un po’ quella confusione amministrativa che noi chiameremo incompetenza”, conclude Defranceschi.