I figli e la moglie del boss chiedono al ministro la revoca del carcere duro, a cui il padrino è ristretto dal 2006, ricordando la situazione clinica e l'incapacità mentale del capomafia a cui viene praticata l'alimentazione forzata. L'avvocato ha presentato altre istanze, tutte respinte
Una lettera indirizzata al ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri. Una richiesta: revochi il 41 bis. A firmarla sono i familiari di Bernardo Provenzano, il boss corleonese che dall’aprile 2006 si trova in regime di carcere duro e da mesi è ricoverato nel reparto detenuti dell’ospedale Maggiore di Parma, controllato a vista da diversi agenti del Gom.
Nella missiva i figli di Binnu u’ Tratturi, Angelo e Francesco Paolo, insieme alla madre, Saveria Benedetta Palazzolo, ricordano la gravissima situazione clinica del padrino e sottolineano la sua incapacità mentale. Aggiungono anche che il medico del carcere di Parma ha chiesto il loro consenso prima per l’apposizione del sondino naso-gastrico e poi della Peg, per praticare l’alimentazione forzata al paziente. Segno questo – scrivono – che Provenzano non è in grado di esprimere un consenso cosciente. Il legale del boss, l’avvocato Rosalba Di Gregorio, ha presentato istanze davanti al ministro, al tribunale di sorveglianza e, ultimamente, alla corte dei diritti umani di Strasburgo, per chiedere la revoca del carcere duro per il suo assistito. Istanze tutte respinte.
Anche per la corte di Strasburgo, Provenzano può rimanere al regime di 41 bis. Per la corte il boss non si trova in condizioni tali da dover essere scarcerato o sottoposto a regime diverso dal carcere duro. Resta tuttavia pendente un altro ricorso presentato dal legale del padrino con cui si chiede la condanna dell’Italia per aver sottoposto il boss a trattamento “inumano e degradante”.