A2a vuole aumentare la quantità di rifiuti industriali, anche tossici, trattati nell'impianto più grande d'Italia della sua categoria. Raccolte migliaia di firme, ma l'associazione ambientalista spiega: "Se è solo un adeguamento siamo a favore"
A Bottanuco, Madone e Filago, tre comuni dell’isola bergamasca, i cittadini dichiarano guerra all’ampliamento del termovalorizzatore di Ecolombardia 4 Spa (gruppo A2A). Sull’iniziativa sono già piovute migliaia di firme di persone preoccupate dal possibile aggravamento della situazione ambientale e dalle eventuali ricadute negative su salute e viabilità. L’impianto, che nella sua conformazione attuale opera dal 2002, tratta annualmente 70mila tonnellate di rifiuti industriali speciali, pericolosi e non, che provengono da tutto il territorio nazionale. Si tratta del più grande termovalorizzatore di questo genere in Italia, l’unico in Lombardia. Riceve quotidianamente un traffico di oltre 20 automezzi pesanti e, attraverso il recupero del calore di combustione, produce energia elettrica per 9 megawattora.
L’azienda ora vorrebbe aumentare la quantità di rifiuti trattati, facendo girare l’impianto a pieno regime, portandolo cioè a 100mila tonnellate l’anno. Oltre all’aumento della portata, Ecolombardia 4 aggiornerebbe alcune dotazioni dell’impianto puntando a diminuire le emissioni di alcuni inquinanti come i NOx (gli ossidi di azoto). Una garanzia che non è bastata ai comitati di cittadini che si sono attivati sul territorio, rimasti fermi nella convinzione che l’ampliamento porti solo peggioramenti e, quindi, non sia da fare. Fermo su questa posizione anche il comune di Madone, che nei mesi scorsi, in occasione della conferenza dei servizi regionale, ha sottolineato la propria contrarietà, chiedendo (e ottenendo) che sul territorio venisse eseguita un’analisi epidemiologica in grado di stabilire gli eventuali effetti negativi dell’impianto attualmente in funzione.
Per ora è certo che l’aumento della quantità di rifiuti trattati porterebbe all’aumento del 43% della portata dei fumi emessi in atmosfera, passando dagli attuali 84 mila Nm3/h a 120 mila Nm3/h, senza contare che l’ampliamento porterebbe un inevitabile e significativo aumento di traffico di mezzi pesanti. In vista della procedura di Valutazione di impatto ambientale, lo scorso mese di agosto l’Asl di Bergamo ha trasmesso le proprie osservazioni alla direzione generale ambiente di Regione Lombardia: “L’impianto si colloca in area critica per l’inquinamento atmosferico e già caratterizzata da importanti pressioni ambientali connesse con la notevole presenza di insediamenti produttivi tra cui diverse aziende a rischio incidente rilevante e di infrastrutture viabilistiche ad elevato volume di traffico”.
L’attivista M5S Roberto Fiorendi, esperto di Rifiuti Zero, spiega che la zona è già fortemente penalizzata: “Sul nostro territorio, nel raggio di sette km, ci sono ben cinque impianti di termodistruzione – ha detto –. Anche per via della forte concentrazione di impianti industriali l’inquinamento atmosferico è insostenibile e comprovato da dati oggettivi. E’ vero che con i lavori promessi si abbatterebbe l’emissione di NOx, ma aumenta tutto il resto. Per di più si consideri che quello di Filiago non è un impianto a fine vita, non c’è esigenza di intervenire”. Oltre alla forte presenza industriale comitati e cittadini fanno notare anche l’inquinamento dovuto alle arterie di grande scorrimento che insistono sul territorio, tra l’A4 esistente e la futura Pedemontana, il cui progetto prevede uno svincolo proprio a Filago.
L’unica amministrazione comunale che si è opposta all’ampliamento dell’inceneritore è il quella di Madone. Il sindaco Maurizio Cavagna, nel parere consegnato in Regione, sottolinea la propria preoccupazione: “soprattutto in relazione all’eccessiva vicinanza dell’abitato di Madone, circa 500 metri e circa 1200 dal plesso scolastico e dal centro storico del paese”. Una forte criticità è rappresentata anche dall’impatto sulla viabilità: “Dalla documentazione presentata – spiega il sindaco – si evince un aumento del 35% dei mezzi pesanti che trasporteranno rifiuti speciali al termodistruttore”. Un aumento che si ripercuoterà inevitabilmente sulle strade del territorio: “Vogliamo risposte realistiche, attualmente non esiste un piano del traffico idoneo a sopportare un ulteriore sovraccarico di mezzi pesanti”.
La raccolta firme contro l’ampliamento dell’inceneritore, in un territorio che conta complessivamente poco più di 10mila abitanti, nell’arco di pochi mesi ha sfondato la soglia delle duemila adesioni, un successo che secondo i promotori non può essere ignorato. A Bottanuco la lista civica Generazione Giovani lo scorso mese di giugno si era vista rifiutare per questioni formali la richiesta di un referendum richiesto per bloccare l’ampliamento del termovalorizzatore e sostenuto da oltre 1200 firme. “Abitiamo già in una delle zone d’Italia con la più alta incidenza di tumori – ha detto il capogruppo Diego Pagnoncelli -. Dobbiamo pensare alla tutela della salute dei cittadini che viene prima di ogni convenienza economica”.
Ma ci sono autorevoli voci fuori dal coro. Una su tutte quella di Legambiente. I circoli locali del cigno verde, pur mantenendo una posizione di contrarietà all’edificazione di impianti di termodistruzione, nel caso specifico si sono dimostrati dialoganti: “Io sono un tecnico – ha spiegato Paolo Longaretti – e da tecnico ho fatto una Valutazione per conto di Legambiente dell’impianto esistente e della proposta di ammodernamento dell’impianto. Dal progetto si evince chiaramente che non esiste un ampliamento, non viene cambiato il forno, ma ci sono solo degli adeguamenti”. In pratica Longaretti spiega che “i gestori chiedono di poter smaltire fino a 100mila tonnellate l’anno perché la capacità del forno già lo consente. Loro motivano la richiesta per mantenere alto potere calorifico e, di conseguenza, mantenere la stessa capacità di produrre energia”. Poi Longaretti puntualizza: “Legambiente non ha mai detto di essere favorevole, abbiamo solo proposto di sederci attorno ad un tavolo con i comuni che hanno detto di si, con quelli che dicono di no ed esaminare la richiesta nel merito, ma questa nostra richiesta non ha avuto seguito”. Insomma, secondo Legambiente, di fronte ad un impianto esistente “occorre valutare, se comporta aggravio si dice no, se comporta un miglioramento rispetto alla situazione in essere, si dice si”.