Il fantasma di Parigi a vent’anni dalla strage di Bonnie&Clyde
Lo hanno trovato semi-incosciente in un parking sotterraneo della periferia
dopo 48 ore di caccia all’uomo per tutta Parigi. Il “tiratore solitario” che ha fatto ammattire la polizia apparendo e scomparendo come un fantasma, è una vecchia conoscenza delle forze di sicurezza,
Abdelhakim Dekhar, il “terzo uomo” di un fatto di sangue che quasi vent’anni fa sconvolse la Francia, colpita dalle figure dei due giovani “assassini nati” che in 2 ore uccisero 5 persone (3 poliziotti) in una cavalcata di sangue per le strade della capitale.
Il 48enne che con un fucile a pompa si era presentato prima nella redazione di una tv privata, venerdì, per uccidere, senza riuscirci, per poi sparare, e quasi uccidere, lunedì, un fotografo nella sede di Libération, poi sparare contro una banca, rapire un automobilista e scomparire, è il complice della giovane coppia di “killer per caso” che la sera del 4 ottobre del 1994 rubano delle armi, s’impadroniscono di un taxi, fanno fuoco contro un auto della polizia, e finiscono la loro corsa, dopo aver sequestrato due automobilisti, contro un posto di blocco in una sparatoria infernale a colpi di fucile a pompa e rivoltelle.
Come in un film, come nel folgorante inizio della pellicola di Luc Besson, Nikita, la star (divenuta tale dopo la strage per il battage mediatico sulla vicenda) è una giovane donna, poco più che una ragazza, Florence Rey, 19 anni, timida e dolce, con un padre schizofrenico, che si innamora di un poco più che ventenne, anarchico, appassionato di filosofia (Platone, Nietzsche, Bakunin, Debord). Audry Maupin. Condivide le ideologie rivoluzionarie con Abdelhakim che lo convince a rubare delle armi per rapinare banche. Comprano 2 fucili a pompa ai grandi magazzini della Samaritaine, poi preparano il colpo al deposito di armi. Usando anche bombe lacrimogene stordiscono i guardiani, arraffano pistole e fucili e scappano. Lei, in un moto di esaltazione, ferma un taxi, ci si ficcano dentro, si fanno portare dall’altro capo della città; a un semaforo ingaggiano il primo scontro a fuoco, nel quale rimangono colpiti anche diversi passanti, poi con lui ferito, salgono su un’altra auto, continuano la fuga fino al posto di blocco che li fermerà.
Florence si presenta al processo con aria di sfida – rimane nella memoria collettiva la sua foto a braccia conserte dopo l’arresto – e diventerà un caso per studi sociologici, nonché un soggetto letterario-cinematografico di successo. Quasi vent’anni dopo il “terzo uomo” che aveva fatto 4 anni di carcere e poi era scomparso, riappare e in una giornata di straordinaria follia cerca di mimare la cavalcata dei sui ex compagni d’armi, di riprodurre la folle corsa distruttiva e autodistruttiva rimasta nella memoria della Francia, fino a tentare – probabilmente – il suicidio, come tante volte ha provato a fare Florence in carcere, dal quale è uscita, riabilitata e trasformata, si dice, il 2 maggio 2009.
In questi due giorni il tam tam sulla rete non ha avuto un attimo di tregua. Le immagini del fuggitivo, seguite dai più svariati hashtag quali #paris #tireur #policeincompetence, rimbalzano da un profilo all’altro sui vari social network. Uno spirito da citizen journalist sicuramente vivo. Ma a tutte questi voci se ne sono contrapposte altrettante meno obiettive. Sono quegli utenti che si sono sbizzarriti in fotomontaggi del Grand Theft Auto 6, che ritraggono l’uomo con un Arco di Trionfo sullo sfondo, o in altri riguardanti la nazionale francese, a rischio eliminazione per le qualificazioni ai Mondiali fino al 3 a 0 contro l’Ucraina di martedì sera. E battute dal discutibile umorismo sulle possibili identità dell’uomo.
Linda Ferrondi
Il Fatto Quotidiano, 21 Novembre 2013