Partendo proprio dalle parole di Umberto Palazzo suona quantomeno logica una riflessione. Ma in Italia il rock è realmente morto? Prima di rispondere, si provi a riflettere su cosa, in realtà, definisce la musica di casa nostra: siamo o non siamo la Patria del ritornello? Almeno una canzone di Celentano abita a memoria la nostra mente, un pezzo di Battisti ribolle certamente nel sangue; il rock non appartiene storicamente alle nostre latitudini o quantomeno non quello cui certi musicofili attenti vorrebbero. La mappatura del nostro Dna dice – fino a prova contraria – che a definire noi italiani, sono le parole di “Volare”, punto.
Ora, appurato ciò, di quale musica rock vorreste parlare? S’impari piuttosto a convivere con le poche consapevolezze maturate. Chessò la scena cantautorale nel tempo ha donato lustro alla nostra storia, il Festival di Sanremo è un’altra ragione per cui il mondo ci conosce… Il ritornello – come si diceva – ci definisce al meglio, altro che “chitarre grattugiate”! Che poi… anche in questo si potrebbe dissentire, la musica kazaka, ad esempio, offre un campionario di motivetti che artisti come Laura Pausini oppure Eros Ramazzotti se li sognano la notte! E quindi…
Siamo anche la Patria delle chitarrine melense? La musica di coloro che si ergono a totem indiscussi del rock nostrano lo dimostra. Analizzare ad esempio qualsiasi canzone dei Negramaro potrebbe provocare attacchi di diabete fulminante, incappare negli assoli di Ghigo Renzulli indurre a mutismo e rassegnazione conclamata.
C’è chi obietta rilevando che la musica rock in Italia conserva invece tradizioni ben radicate. E quali sarebbero? È forse mai esistito un gruppo capace di influenzare inequivocabilmente la scena internazionale? Col senno di poi qualcuno avrebbe potuto farlo; forse gli Area? È probabile ma soltanto rileggendone il tratto a priori; non era, infatti, Demetrio Stratos “a illuminare” a quei tempi “il popolo”, bensì un certo Claudio Baglioni.
Stiamo riferendoci alla massa e non al gruppo sparuto di “hipster de noantri”. Il discorso si rivolge inequivocabilmente “alla moltitudine”, la quale sotto la doccia fischietta – quando va bene – gli 883 e non gli Alt J. Suvvia, mica ci si deve vergognare, come detto, s’impari a convivere con le poche consapevolezze maturate! Le chitarrine melense ci definiscono al meglio altro che cupe sonorità! Che poi… anche in questo caso si potrebbe dissentire; la musica greca ad esempio offre un campionario “di avvitamenti” che cantanti come Vasco e Ligabue se li sognano la notte!
Diciamola tutta… il rock italiano nella migliore delle ipotesi ha ricalcato senza grandi pretese le tradizioni anglo-americane; nella peggiore non è riuscito ad individuare la profondità del baratro in cui versa e ha versato: una voragine in grado di fagocitare il popolo bue proponendogli di tutto e di più, come ad esempio il fenomeno delle cover/tribute band. Sarà pur un’abitudine non esclusivamente italiana ma qui da noi pare esser diventata la disciplina nazionale: miriadi di cloni suonano, cantano e scimmiottano perfettamente Bonovox e Bruce Springsteen; tanto da pensare che per la massa sia forse questa la faccia paradossalmente più credibile del rock italiano! Considerando che i locali paiono riempirsi soltanto quando a “performare” sono cover e tribute boys, è facile sostenerlo.
Non scandalizzatevi e soprattutto, quando si parla di cover e tribute band, lasciate da parte i quattro ragazzotti di provincia che “se la suonano e se la cantano” ma volgete lo sguardo “verso l’alto”! Il delirio di onnipotenza parte proprio da lì. Non è forse Luciano Ligabue il miglior tributo vivente a Bruce Springsteen? Qualcuno dirà: “Ad esser qui definiti sono soltanto luoghi comuni!” In effetti il Rocker della Via Emilia guarda con un certo interesse anche a ciò che cantano gli U2 e con marcata supponenza anche a quello che un tempo suonavano i Radiohead ma in fondo… queste sono soltanto congetture. E poi, non è stato Vasco a “brutalizzare” Creep?
Il solito dj qualunque dopo aver lasciato sedimentare la misura del proprio ardire, vuole andare oltre, cosicché matura la consapevolezza che Umberto Palazzo se ne sia uscito soltanto con una mezza verità: il rock in Italia non è morto… probabilmente non è nemmeno mai nato.
9 canzoni 9 … da cantare sotto la doccia
Lato A
Again • Archive
It’s a Crime i never Told … The Black Hearth Procession
The Dustlands • The Walkabouts
The Gravedigger’s Song • Mark Lanegan
Lato B
Jubileee Street • Nick Cave
Humiliation • The National
From Your Favorite Sky • I Am Kloot
Vocal • Madrugada
Early to Bed• Morphine