Riprendo il tema che ho trattato la scorsa settimana, nel post “italianen d’Olanda“, dove parlavo di immigrati italiani (di nuova generazione) nei Paesi Bassi; vorrei ripartire da alcune interessanti osservazioni dei lettori, che ho trovato tra i numerosi commenti al post, per cercare di approfondire alcuni concetti che ho espresso. Con una premessa: lungi da me il dipingere l’Olanda come un paradiso, vale però la pena ricordare in quali condizioni versa il Bel Paese oggi e perché per tanti “italianen” emigrati, qualunque alternativa è preferibile a casa propria.
A proposito dei commenti al post, partiamo dall’opinione sul “razzismo” vero o presunto degli olandesi; nonostante si tratti di una convinzione diffusa, non tiene in considerazione un dato importante: la popolazione di Amsterdam è a maggioranza di origine non olandese e ben un quarto dei residenti non parla la lingua nazionale (provate ad immaginare Roma o Milano popolate da una maggioranza di cittadini nati in altri paesi). Questo per dire cosa: lecito pensare che gli olandesi siano razzisti, ma è un dato di fatto che la capitale del loro paese è una delle città più multietniche al mondo, dove sono rappresentate ben 181 etnie. E parliamo di una città delle dimensioni di Firenze non di quelle di Londra.
Stesso discorso, sul piano lavorativo: non è facile per uno straniero inserirsi nel mercato del lavoro di Amsterdam, competitivo inflazionato e nelle “mani degli olandesi”. Ma è un dato di fatto che aziende ed enti pubblici mostrino una presenza massiccia di stranieri. Riuscirebbe un olandese, senza parlare una parola di italiano, a trovare lavoro a Milano? Permettete di dubitarne. Inoltre, a giudicare dai molti ricercatori italiani impiegati presso le università olandesi, pare che nessuno da queste parti si preoccupi se “a vincere i concorsi è qualcuno che nessuno conosce”. (Magari in questo caso specifico ad essere razzisti, sono i “baroni” italiani , nei confronti dei propri connazionali non raccomandati). Per tornare all’Olanda, bisogna inoltre rilevare una sostanziale differenza tra chi ha lasciato l’Italia nei primi anni del 2000, come il sottoscritto, e chi invece se ne va oggi: allora gran parte delle “fughe” erano dovute all’impossibilità di veder soddisfatte le proprie ambizioni. A quelle, si sono aggiunte oggi, le partenze di chi emigra (di nuovo) per ragioni di sussistenza.
Ma l’Olanda, del 2013, è un paese diverso da quello di qualche anno fa: si lotta anche qui con recessione ed alti tassi di disoccupazione, cosi molti dei nuovi arrivi, devono “accontentarsi” di lavori che solo dieci anni fa sarebbero stati appannaggio quasi esclusivo dei migranti dai paesi (allora) neo-comunitari. D’altronde, non dobbiamo ripeterlo: da dove veniamo noi, i contratti sono un miraggio ed il welfare, praticamente inesistente.
Nei Paesi Bassi, invece, hanno un contratto in tasca anche gli addetti alle pulizie, contratti che danno accesso ad uno Stato sociale, malandato certamente, ma ancora ben presente. E’ un dato di fatto che prima l’italiano poteva essere più choosy e dire semplicemente “se si tratta di lavare i pavimenti all’estero, allora posso farlo anche a casa mia”, come un dato di fatto è che oggi non è più cosi. In assenza di altro giù al sud, è costretto a prendere ciò che il mercato del nord offre ma almeno, cosi commentano tanti “italianen”, con la consapevolezza che a parità di condizioni, nei Paesi Bassi, non rischia di finire come i protagonisti dei tanti, drammatici casi che hanno riempito ogni settimana le cronache italiane dall’inizio della crisi: in Olanda, i cittadini senza lavoro e senza un reddito possono fare affidamento sul bijstaand un reddito minimo garantito di 750e al mese ed in aggiunta, i comuni, prevedono diversi sussidi integrativi per famiglie numerose, al fine di facilitare l’acquisto di computer, vestiti ed elettrodomestici.
Se dal reddito passiamo all’alloggio, il discorso è lo stesso: la lista d’attesa per una casa pubblica, ad Amsterdam, è di oltre 10 anni. Però un basso reddito, ha diverse opzioni: cercare una appartamento in affitto del valore di meno di 660 euro cosi da poter ottenere il sussidio oppure sistemarsi presso antikraak, alloggi temporanei offerti a poco più di 100 euro al mese. Soluzioni piene di incognite e limiti ma, in ogni caso, soluzioni. Quelle che la politica italiana è incapace di offrire.
L’Olanda, insomma, non è un paradiso ma è importante ribadire che qui nessuno muore di fame perché rimasto senza un reddito, nessuno è costretto a dormire in auto perché ha perso casa e nessuno è spinto a gesti estremi per debiti. Proprio a proposito di questi ultimi: gli schuldhulpverlening advise sono centri comunali di assistenza per debitori. Posti dove certamente nessuno vorrebbe finire ma tramite i quali lo Stato offre comunque una via d’uscita. Per concludere: no a facili entusiasmi ma è ingenuità da “esterofili” sostenere che un paragone sulla qualità della vita tra Italia e Paesi Bassi, è improponibile?