La casa degli orrori stavolta non è una villetta anonima di una altrettanto desolata cittadina del Midwest degli Stati Uniti, ma alla periferia sud di Londra. La polizia ha liberato una donna di 69 anni originaria della Malaysia, una irlandese di 57 anni e una britannica di 30 anni. Due gli arresti. Si tratta di una coppia, entrambi di 67 anni.
Tre donne in schiavitù, proprio come la vicenda di Amanda Berry, Michelle Knight e Gina de Jesus, costrette per dieci anni a vivere in una casa di Cleveland, Ohio, da Ariel Castro, morto in carcere in circostanze poco chiare.
Tutto è nato – almeno secondo le prime notizie filtrate dalla polizia di Londra – da una segnalazione agli investigatori di Freedom Charity, organizzazione che offre assistenza umanitaria: gli operatori hanno raccontato a Scotland Yard di avere ricevuto una telefonata da una donna che aveva denunciato di vivere segregata da trent’anni in una abitazione nella zona sud della capitale inglese. Perchè la telefonata a Freedom Charity? Sembra che l’idea sia scattata nella mente della “prigioniera” guardando in televisione un documentario sui matrimoni forzati. In qualche modo la donna sarebbe riuscita a segnare il numero di riferimento dell’associazione e alla prima occasione – nel mese di ottobre – avrebbe telefonato per chiedere aiuto. Dopo averle liberate, i poliziotti hanno portato le tre vittime in un luogo sicuro: Scotland Yard non ha riferito molto su di loro, se non che sono “fortemente traumatizzate”.
Il richiamo alla vicenda da film horror scoperta nel maggio scorso a Cleveland è automatico. La polizia in casa trovò catene e corde; le tre ragazze venivano utilizzate come schiave sessuali da Ariel Castro, gli abusi erano talmente frequenti che le vittime furono costrette ad abortire più volte: sopravvisse solo la piccola Amanda, che al momento della liberazione aveva sei anni. Il test del DNA confermò che il padre era Castro.
Nella vicenda di Londra non è ancora chiaro se vi siano state questo tipo di implicazioni, ovvero se il sequestro e la segregazione siano stati per scopi sessuali: lo esclude Aneeta Prem, fondatrice di Freedom Charity, secondo cui la condizione delle tre donne era quella di una “schiavitù domestica”, erano recluse e non avevano il permesso di lasciare la casa. “Uno dei punti chiave è che le tre donne erano assolutamente terrorizzate da queste persone”, ha detto la Prem a Sky news, riferendosi ai “carcerieri”. Gli investigatori dell’Unità Human Traffickin della Metropolitan Police, che si occupano di questo tipo di inchieste, stanno interrogando la coppia di arrestati, e continuando a perquisire la casa degli orrori in formato inglese.