Oggi dopo i disastri metereologici che hanno colpito il nostro Paese sui giornali tutti denunciano che manca la “cura del territorio”. Certo che manca. Ma mi chiedo se c’è la cura della persona e dei suoi diritti. Se non c’è la cura della persona come può esistere la cura del territorio? La Campania è alla ribalta delle cronache a causa della terra dei fuochi e ha epidemiologicamente tutti i primati negativi, al punto che si è coniato un neologismo “biocidio” l’assassinio della vita biologica.
In Campania l’incidenza dei tumori di ogni tipo cresce in misura maggiore rispetto ad altre regioni e il Ministero per la Salute afferma che i tempi di attesa per la chemioterapia mediamente sono di due mesi e mezzo. Cioè i tumori campani prima di essere trattati hanno due mesi e mezzo per crescere e per diffondersi nei corpi delle persone. In Campania è emergenza perché manca tanto la “cura del territorio” che “la cura della persona”. Tutti si compiacciono che nel nostro Paese la spesa sanitaria sia calata negli ultimi anni del 2.4 per cento (Ocse) ma se i malati aumentano chi ha pagato questa riduzione? E in che modo è stata pagata? Oggi tanto il territorio che la persona si trovano in una morsa mortale tra un welfare che si sta dissolvendo e una morbilità che sta aumentando.
L’art. 32 che sancisce il diritto alla salute è l’articolo più violato che abbiamo, basti pensare all’Ilva, Casale Monferrato, e a tante altre situazioni non ultima i disastri ambientali in Sardegna. Oggi l’art 32 è sotto i piedi di qualsiasi amministrazione pubblica. La salute non vale più niente perché la persona non vale più niente. La mia idea è di ripartire dall’art 32 e di svecchiarlo, cioè ripulirlo dalle vecchie visioni giusnaturalistiche di quasi un secolo fa. La salute non è solo un bene naturale da difendere la famosa “integrità psico fisica”, ma è un bene complesso che si costruisce restituendo ai comuni quindi alle comunità, la piena titolarità sulla propria salute e facendo della comunità sociale il primo soggetto di salute, agendo fino in fondo la sussidiarietà. Oggi la salute non è più semplicemente un “interesse collettivo”, come dice l’art. 32, ma è diventata un “interesse generale”. La sostenibilità economica del sistema sanitario per esempio è funzione della salute che si costruisce.
L’espressione che mi piace usare è quella di “ricontestualizzare” l’art 32, cioè di reinterpretarlo nel nostro tempo perché così facendo non solo esso rivivrà, ma soprattutto accrescerà le sue possibilità operative. Quando in questo Paese ormai tanti anni fa è partito il discorso sulla salute, esso poggiava su una idea forte di emancipazione. Negli anni ’70 la salute non poteva che essere conseguente a dei processi di emancipazione. Intendendo l’emancipazione come la liberazione del soggetto dagli asservimenti, dalle condizioni sociali negative, dallo sfruttamento, dalle discriminazioni, dai soprusi e dalle sopraffazioni. Quindi salute nei luoghi di lavoro, ma anche salute della donna quale emancipazione della donna, salute mentale, dei diversamente abili, dell’anziano, del bambino ecc.
Poi piano piano abbiamo perso terreno e dal tempo in cui la salute non era ne negoziabile ne monetizzabile, siamo passati al tempo in cui all’inizio la salute si negoziava e si monetizzava fino ad arrivare alla salute che non è più neanche un valore d’uso. Cioè non vale niente, subordinata come è a qualsiasi cosa, ai limiti economici, allo sviluppo produttivo, alla competitività, alla speculazione, alla corruzione, al malaffare, alle larghe intese.
Ma ripartire dall’art 32 non credo che si possa fare a prescindere da un nuovo progetto di emancipazione in grado di liberare l’uomo dai nuovi e vecchi assoggettamenti. Tra le tante schiavitù, quella più odiosa di tutte è la malattia, secondo me ancor prima della disoccupazione, cioè essere vittime innocenti come a Taranto e in Campania o in Sardegna di una mortalità che potrebbe essere evitabile, ma non lo è in ragione degli interessi dell’economia, della crisi finanziaria, della recessione, delle speculazioni e della corruzione Quando penso al diritto alla salute, (diversamente dai filosofi post moderni), non ritengo che esso come ideale di emancipazione sia fallito e neanche che sia incompiuto, (come pensano i filosofi neomoderni), penso che il diritto, come ho già detto a proposito dell’art 32, debba essere continuamente ricontestualizzato, quindi quasi reinventato, perché se non lo facessimo quell’ideale di emancipazione sarebbe si fallito e incompiuto. La mia idea di riformismo è tutta qua.