Qualcuno giura di averlo visto camminare sulle acque del Lungomare partenopeo. Altri, ancora, di aver notato l’effige del volto impressa su di un muro scarubbato del palazzo della Regione Campania in via Santa Lucia. Il “Santo subito” è il governatore Stefano Caldoro, socialista craxiano, saltato alla prima ora sulla scialuppa di Silvio Berlusconi. Il timoniere della regione più importante del Mezzogiorno d’Italia è una persona mite, riservata, garantista e solidale anche di fronte a una condanna definitiva. E’ stato, infatti, tra i primi ad accorrere al capezzale dell’ex premier all’indomani della sentenza definitiva a quattro anni di carcere per frode fiscale. San Stefano Caldoro è un pacificatore nato, mette tutti d’accordo. Non lo chiamate neo consociativismo. Solo pensarlo è peccato e suona onomatopeicamente brutto.
Lui è stato sottosegretario e ministro nei governi Berlusconi. E’ uomo di Stato. Nel suo curriculum è stata sbianchettata solo una piccola sconfitta elettorale, di qualche anno fa, alla presidenza della Provincia di Napoli. Acqua passata. E’ sempre bravo, perfetto e pedagogico. Addirittura quando l’ex coordinatore regionale del Pdl ed ex carcerato Nicola Cosentino lo volevo far passare per un abituale frequentatore di trans – sulla scia della vicenda personale dell’ex presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo – per soffiargli la candidatura alla Regione Campania, lui ridimensionò l’accaduto. Ora c’è un processo.
Caldoro è parte lesa. Sembra un personaggio fuoriuscito dal libro “Cuore”. Saranno le sue frequentazioni a pesare sulla sua indole. Un socialista ma molto cattolico. E’ in confidenza con il cardinale Crescenzio Sepe e vicino a importanti ambienti di potere dell’Arcidiocesi di Largo Donnaregina. Leggi Ordini Cavallereschi e giù di li – fino all’Opus Dei. Una corrispondenza di amorosi sensi ricambiata. L’alto prelato partenopeo ha invitato il governatore a presiedere la Conferenza regionale dei vescovi. E’ la prima volta che vi partecipa una non testa coronata dal potere religioso. Il suo staff in Regione è blindato. Li chiamano i Caldoro boy’s. Sono i quaranta-cinquantenni, in giacca e cravatta e con fare molto manager. Brillanti ed efficienti. Vanno su e giù, si agitano, a volte non si sa perché, sempre muniti dei due cellulari d’ordinanza. Un cerchio magico che sembra una sovrastruttura di poteri. Crocevia per il futuro. Si, in via Santa Lucia ci credono e sognano in grande. Se si verificassero alcune coincidenze astrali (in parte verificate – implosione del Pdl -) con l’orizzonte da sottovuoto della classe dirigente nazionale, uno come Caldoro potrebbe essere catapultato ai massimi livelli di governo della nazione.
E’ stimato e apparentemente competente. Non è un calcolo campato in aria. Il ragionamento nelle segrete stanze dei piani alti del palazzo della Regione si fanno e come. C’è un però che pesa come un macigno. Il bravo, buono e bello San Stefano Caldoro, attentissimo alla comunicazione e alla propaganda deve però fronteggiare un tsunami giudiziario che in poco tempo ha fatto traballare la sua parte politica. Indagini, comunicazione giudiziarie e arresti. L’ultimo caso esploso è quello di Angelo Polverino, presidente della Commissione Affari generali, uomo forte del Pdl, alle regionale del 2010 incassò nella circoscrizione di Caserta 21.335 voti, mentre già pensava alle europee del 2014 è finito dietro le sbarre. Poi c’è il caso di Alberico Gambino (Pdl), primo eletto nel 2010 a Salerno con 27.194 preferenze, sindaco di Pagani, la città dove fu ammazzato l’onesto primo cittadino Marcello Torre– è stato arrestato nel luglio del 2011, condannato nel marzo 2013 a due anni e 10 mesi di carcere. Poi c’è Giovanni Baldi, secondo dopo Gambino con 21.906 voti, presidente commissione speciale Politiche giovanili e poi Attività produttive finito il mese scorso agli arresti domiciliari. Poi c’è il consigliere Massimo Ianiciello. Pure lui del Pdl. Eletto con 14.186 voti e l’anno scorso finito ai domiciliari. Dopo l’arresto, la condanna e svariate altre inchieste è tornato sui banchi del Consiglio regionale anche Roberto Conte, eletto con una lista fai da te che appoggiava Caldoro presidente, è stato condannato a due anni e otto mesi per concorso esterno in associazione mafiosa. Ci sono ancora aperte due inchieste: rimborsi elettorali e fondi per la comunicazione dei gruppi politici distratti per attività attività private. Indagati in un clima di pacificazione perfetta quasi tutti i consiglieri. Il freddo addosso è poco.
I brividi percorrono la schiena. Ma Santo Stefano Caldoro è tranquillo. Anche se la Regione Campania indossa la maglia nera per prestazioni sanitarie, per livelli di inoccupazione, per ritardi di spesa dei fondi europei e altro. I dati contenuti nel rapporto Eurostat 2013 parlano chiaro. Colloca la Regione Campania tra le ultime in Italia e in Europa per prodotto interno lordo. Ma tutto questo non è importante. Roba vecchia. Cose inutili. Lui va avanti per la sua strada. Lassù c’è qualcuno che lo protegge. Allora viva Santo Stefano Caldoro.