Nella deposizione al processo in corso a Palermo, il pentito ribadisce la sua versione sull'appoggio dato da Cosa Nostra alla nuova formazione politica di Berlusconi
Marcello Dell’Utri diede garanzie alla mafia, che così si adoperò per votare Forza Italia. Questa la versione del pentito Nino Giuffrè, che ieri durante la deposizione al processo sulla trattativa Stato-mafia in corso a Palermo ha ribadito: “Non è che la mafia sale su un carro qualunque. Scegliemmo di appoggiare Forza Italia perché avevamo avuto delle garanzie”. Rispondendo alle domande dei pm, il collaboratore di giustizia ha parlato dell’appoggio delle cosche al nuovo movimento politico. E oggi, rispondendo al controesame dei legali degli imputati ha aggiunto: “Nella seconda metà del ’93 è venuto fuori Marcello Dell’Utri che ha dato garanzie per la risoluzione dei problemi di Cosa nostra. A prescindere dal garantismo di Fi, noi li scegliemmo perché ci diedero garanzie”.
“Tra la fine del ’93 e l’inizio del ’94 il posto che era stato tenuto da Vito Ciancimino nel rapporto con Cosa nostra fu preso da Marcello Dell’Utri”, ha detto Giuffrè, che ha sostenuto, chiamandolo sempre “carretto” e non “carro”, che la mafia nel ’94 decise di saltare sul “carretto del vincitore”, il partito di Silvio Berlusconi, un po’ perché “c’era un atteggiamento generale di favore dell’opinione pubblica verso la nuova formazione politica, ma anche perché ci fu un accordo interno alla nostra organizzazione di votare per FI. Però – ha precisato l’ex boss – è vero che siamo saliti su questo carretto, ma non è che Cosa nostra sale sul primo carretto che passa. Siamo sì abili a capire chi è il vincitore, ma prima di salire ci sono state garanzie di persone vicine alla mafia”.
Giuffrè, che ha detto di non sapere nulla del “papello”, non ha però escluso che vi fossero trattative e intese: “Nel ’93 – ha detto – avevamo due discorsi da portare avanti, uno basato sulla violenza per far sì che venissero fuori altri punti d’appoggio, l’altro di portare avanti le problematiche che interessavano tutta Cosa nostra. E questo secondo discorso veniva portato avanti con questo nuovo soggetto politico che doveva nascere, Forza Italia. Su questo c’era un’intesa di tutta l’organizzazione”.
“Nel ’93 c’è l’inizio di un nuovo capitolo: si apre un nuovo corso tra Cosa nostra e la Politica – ha continuato il pentito -. Provenzano all’inizio era un po’ freddo poi, parlando di Dell’Utri e di Forza Italia, mi disse ‘Siamo in buone mani'”. Secondo Giuffrè, l’ex senatore “era in contatto con Brancaccio e coi fratelli Graviano”.
Giuffrè ha fatto riferimento anche ad altri politici: Claudio Martelli era considerato dai capi di Cosa nostra un traditore “sia per quel che riguarda Cosa nostra, sia per quel che riguarda Craxi”. Il pentito ha ribadito che l’ex vicesegretario del Psi era nel gruppo dei politici invisi all’organizzazione mafiosa, da eliminare perché considerati ormai inaffidabili.