Lo vedi il tuo tutore dell’ordine? E’ in tenuta antisommossa, con un manganello in mano, lo scudo, un casco, ed è un addetto alla pubblica sicurezza. Significa che aggiusta il disordine degli umani. Disordine nel suo linguaggio è quello che fai per dissentire contro le decisioni di chi stabilisce che limiti dovrà avere il tuo dissenso.
Ed è disordine quello della sfrattata che va in piazza a chiedere una casa. Disordinata è colei che chiede reddito e non si accontenta delle briciole concesse da ricconi che si nutrono della precarietà altrui. Lo è anche chi non ha alcuna voglia di subire l’ordine di chi ti colloca tra i fuorilegge perché arrivi da un’altra nazione.
Sono disordinate in tante, incluse quelle che resistono alla militarizzazione di interi territori nei quali si vuole costruire una grande opera che secondo la gente che vi abita, e non solo, non serve proprio a niente. Potrei parlare di tutti perché quando il tutore ordina il “disordine” include tutti i generi trasversalmente a classi ed etnie marginali. Questo però è il mese di novembre e parlerò di donne.
Si chiama “violenza”, includendo quella di genere, quella che si realizza su una persona opprimendone l’autodeterminazione. Se scendo in piazza per rivendicare un diritto, trovo il tutore che dice di me che sono molto disordinata, perciò mi reprime: non è forse violenza questa?
Se dentro casa io mi ribellassi al potere di un uomo che intende controllare e reprimere la mia lotta per l’autonomia, non si chiamerebbe violenza quella oppressione? Com’è perciò possibile che mi venga detto di esigere la libertà di dissentire, scegliere, autodeterminare la mia esistenza a casa se, invece, quando scendo in piazza per rivendicare il diritto a un tetto e al reddito si fa di tutto per farmi apparire una criminale e si dirà che sono un problema di ordine pubblico?
Vedi il tuo tutore? Quello che militarizza il tuo territorio e realizza la barriera per impedirti di passare? E’ quello a cui dovresti rivolgerti se un altro uomo poi ti picchia. Perché il manganello può tenerlo solo uno tra i due. Il primo può usarlo legalmente e l’altro invece no.
C’è Stefania, precaria. Pare abbiano messo ordine sulla sua faccia. C’è Marta, una No Tav di Pisa, e anche con lei pare abbiano fatto le pulizie di primavera. In quell’occasione, come in altre, non mi pare che dalle donne del Pd, così sensibili al tema della violenza, sia arrivato anche solo un “come stai?”.
D’altronde Marta è “solo” una No Tav, contraria a quel treno ad alta velocità incluso tra gli argomenti di un decreto legge per cui le parlamentari del Pd hanno votato. Lo stesso decreto che prende a pretesto la “messa in sicurezza” delle donne per salvarle dalla violenza domestica e poi rafforza poteri e presenza di eserciti e polizie nelle piazze e in Val di Susa a sorvegliare quei cantieri.
Lo vedi quel tutore? Lo devi rispettare e amare. Se ti avvicini è chiaro che il tuo è un bacio. Così sarà trattato dai media che sono disposti a regalarti santità purché ti lasci usare per raccontare che tra i manifestanti ci sono buoni e cattivi. Poi, quando spiegherai con chiarezza qual è la percezione che hai di quella divisa nessuno si preoccuperà di capire perché tu la percepisca così. Di te si dirà soltanto che sei cattiva. Sostanzialmente una zoccola. Un po’ come le altre.
Sorelle, comunque non temete: se restate a casa a fare le brave mamme e mogli, in caso di pericolo, accorrerà l’esercito a salvarvi. Se uscite fuori per rivendicare diritti, a esigere strumenti per salvarvi da sole, inclusi casa e reddito, per rendervi economicamente indipendenti, allora saranno solo fatti vostri.
Buon 25 novembre.