Fallimenti bancari, ben vengano i commissari
Un tempo lontano vivevano felici un re e una regina… No, la favola è diversa e più prosaica: decenni fa
risparmiatori e risparmiatrici italiani vivevano tranquilli, senza pensare al rischio che la loro banca potesse fallire. Era infatti salda la volontà a monte di evitare quelle che, a rigor di termini, si chiamano liquidazioni coatte amministrative degli istituti di credito. In parole povere:
i fallimenti bancari.
Non persero comunque nulla neanche i correntisti del Banco Ambrosiano.
Peccato che da qualche anno non sia più così: varie banche sono state lasciate al loro destino, come il Banco Emiliano Romagnolo (Ber), la Banca MB o la Banca Network Investimenti. Comprensibile quindi che i risparmiatori siano scossi, quando vengono a sapere che la Banca d’Italia ha disposto la gestione provvisoria, ovvero ha commissariato, la banca dove hanno i loro soldi.
L’ultimo caso è quello di Banca Marche del 27 agosto scorso. In effetti c’era semmai da preoccuparsi quando il 9 luglio ne diventò presidente Rainer Masera, pensionato d’oro di Bankitalia. La stampa economica lo sommerge sempre di lodi e apprezzamenti, tacendo che era a capo della filiale italiana della Lehman Brothers, quando fallì nel settembre 2008. Un precedente tutt’altro che tranquillizzante.
Ma è davvero opportuno togliere tutti i soldi, quando viene disposto il commissariamento della propria banca? A ben vedere, forse è il contrario. Una volta commissariata, le probabilità di crac sono minori. Infatti le ispezioni della Banca d’Italia si concludono in due modi alternativi, nel caso di gravi irregolarità: la banca viene messa in liquidazione (fallimento) oppure affidata a commissari. Ma questi sono nominati proprio dalla Banca d’Italia dopo la sua ispezione, per cui è chiaro che a quel punto essa vuole in ogni modo evitare il crac. Anzi, vale addirittura la pena di spulciare le proposte che proprio gli istituti commissariati fanno agli investitori. Si scopre così, per esempio, che la Banca Popolare di Spoleto offre un conto corrente non vincolato al 3,5 per cento lordo sino a fine 2014; probabilmente il massimo sul mercato, nell’ambito dei conti ad alto rendimento.