Dieci anni or sono ho avuto in cura per sei mesi il Signor A che era piombato in uno stato ansioso reattivo a seguito di maltrattamenti subiti sul luogo di lavoro. Si trattava di un dirigente d’azienda che aveva avuto uno scontro con l’amministratore delegato. Da quel momento il Signor A subiva continue vessazioni e vere e proprie umiliazioni tanto da essere così angosciato da aver pensato al suicidio. Con la cura stette meglio e nell’arco di un anno trovò un nuovo lavoro.
Recentemente mi è capitato il caso del Signor B, sempre dirigente d’azienda, che sta subendo lo stesso trattamento dal suo capo.
E’ stato grande il mio stupore nello scoprire che l’amministratore delegato che umilia e vessa il mio attuale paziente altri non è che il Signor A, avendo egli nel frattempo fatto carriera.
Possibile che il Signor A, che a suo tempo ha sperimentato in prima persona la sofferenza che si può provare ad essere maltrattato e umiliato sul lavoro, ora che è nel ruolo di grande capo non si renda conto del male che sta facendo al Signor B?
Non ho competenza per valutare le loro divergenze sul lavoro ma dal racconto, certamente da prendersi con le molle perché unilaterale, emerge uno scontro personale in cui l’altro viene umiliato. Si dice in gergo: “Far fuori” il collega di lavoro per indurlo a licenziarsi senza dover pagare onerose penali.
In psicologia di fronte al maltrattamento vi sono due modelli di reazione psicologica:
1) La prima più chiara è la ripulsa. Chi è stato picchiato, umiliato e deriso reagirà cercando di ergersi a paladino degli oppressi tendendo a rifiutare ogni aggressività.
2) La seconda strada, subdola e inconscia, porta alla “coazione a ripetere”. L’evento in questo caso è stato talmente traumatico da rimanere come una ferita aperta dentro di noi. Tornarlo a sperimentare, cambiando ruolo da maltrattato a maltrattante, è un modo inconscio per lenire la ferita e padroneggiare l’emozione provata.
La coazione a ripetere è stata ben descritta e studiata nei casi di abuso sessuale infantile o di violenza domestica per cui chi ha subito violenze in infanzia da adulto può tendere a esercitarle.