Il Sire, le gemelline, il ragioniere che consegna le buste, il Giullare e la casa delle bambole, versione fiabesca del residence delle Olgettine: “All’epoca era folle pensare a ragazzine piazzate in appartamenti tutti uguali, che rompono le scatole al Sire, che poi è il presidente del Consiglio, anche solo se salta la luce o se si rompe il tubo dell’acqua”. Ma nell’ultimo musical che ha in cantiere la regista Roberta Torre, La caduta dell’impero, i protagonisti delle serate di Arcore ci sono tutti. E il racconto è così accurato che sembra attinto dalle prime pagine dei quotidiani: “Invece l’idea è nata tre anni fa, quando cominciavano a emergere i primissimi dettagli del bunga bunga. La cosa assurda è che alla fine quasi tutto quello che mi ero inventata è successo davvero”.

Il film è la fotocopia delle cronache italiane. Torre la veggente?
All’epoca l’idea era innovativa e anche un po’ improbabile, oggi sembra che ci siamo limitati a fantasticare sulle follie di Berlusconi. Il fatto è che l’uomo supera i limiti del grottesco, mette noi artisti in grossa difficoltà.

Vince lui.
Per stargli dietro servirebbe un instant movie, un progetto quotidiano.

Vi ruba proprio il lavoro: secondo la sentenza è il “regista del bunga bunga”.
Ma se rimetto le mani al musical e l’aggiorno, chissà cos’altro posso prevedere.

Com’è nata l’idea?
È venuta da me Patrizia D’Addario, che voleva trasformare in film il suo libro.

Nella sceneggiatura, il suo personaggio si chiama Raffaella.
E sarà proprio Patrizia a interpretare se stessa. È perfetta: mi ha raccontato che il suo sogno è sempre stato di fare la prestigiatrice. Allora ho avuto questa visione: lei, maga, che mette Berlusconi in una scatola e lo taglia in due.

Effettivamente profetico.
Bè, sì. Lei e le altre donne l’hanno triturato. Pensi alla moglie, alle giudici che l’hanno condannato: l’hanno fagocitato, masticato. Si chiama nemesi.

Il film si apre con l’immagine di tre ippopotami che accolgono donnine nude in una piscina fumante. È finita l’epoca del Caimano?
Io credo che Silvio Berlusconi sia sempre stato un po’ ippopotamo, con le donne. Uno che si avvicina alle fanciulle sbuffando dalle narici, le accarezza e poi le spinge con il muso.

L’attore che più gli somiglia?
Joe Pesci. Un omino che, di tanto in tanto, si cambia la maschera. Che si leva le rughe con le dita quando è di buon umore.

L’altra grande burattinaia è Miss Gienès.
Francesismo per igienista, dentale o mentale che sia. Nicole Minetti è sempre molto indaffarata.

Lei parla anche di una certa regola della triglia: prima la madre, poi la figlia.
Era il modo perfetto per introdurre il personaggio di Noemi Letizia. All’epoca si vociferava di un flirt tra il Cavaliere e la mamma della ragazzina di Casoria. È vero, è una battutaccia: ma Berlusconi sarebbe stato il primo a farla.

Poi c’è la zia Ambrogina: una sorta di badante che porta Silvio a passeggio, gli dà i bacetti e si preoccupa quando il Sire ignora le crisi di governo. È Gianni Letta?
In realtà il Cavaliere ha una zia per davvero, e gli è pure molto affezionato. Ma l’idea di Letta è altrettanto valida. D’altronde tutto è possibile, nel magico mondo di Silvio.

Twitter: @BorromeoBea

Da Il Fatto Quotidiano del 23 novembre 2013 

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