Si scatenano le polemiche politiche sulla decisione della corte d’Assise di Roma che ha assolto, per un vizio procedurale, i due carcerieri dei quattro italiani rapiti in Iraq nel 2004. Durante il sequestro, che durò due mesi e venne interrotto dell’intervento delle truppe speciali statunitensi l’8 giugno del 2004 in una scuola nei sobborghi di Baghdad, venne ucciso davanti a una telecamera Fabrizio Quattrocchi. Nelle motivazioni della sentenza emessa a settembre, i giudici non hanno considerato il sequestro di Maurizio Agliana, Umberto Copertino e Salvatore Stefio come un’operazione con finalità di terrorismo, ma una violanza comune, respingendo così la richiesta del sostituto procuratore Erminio Amelio che, a conclusione della fase dibattimentale, aveva chiesto la condanna a 25 anni di reclusione per i due imputati. La decisione è stata impugnata dal pm che ricorrerà in appello, ma intanto alcuni esponenti di Forza Italia e del Nuovo centrodestra si sono scagliati contro l’assoluzione di Hamed Hillal Hamad Al Oubeidi e Hamid Hillal Hamad Al Oubeidi.
Secondo Fabrizio Cicchitto, presidente della commissione Esteri della Camera del Ncd, la sentenza del tribunale di Roma “lascia esterrefatti e testimonia non sappiamo se ignoranza dei fatti o faziosità politica”. Più duro il deputato forzista Luca D’Alessandro: “Il livello piu basso toccato da una parte della magistratura è rappresentato oggi dalla sentenza della corte di Assise di Roma”. Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia parla di decisione “ideologica”.
La corte non ha ritenuto che il sequestro dei tre contractors italiani sia stata un’azione di terrorismo, nonostante che, durante il periodo di prigionia, il gruppo delle “Falangi verdi di Maometto” diffuse diversi video – con i quattro prigionieri tenuti sotto la minaccia delle armi – nei quali si chiedeva al governo italiano, in cambio della liberazione, il ritiro delle truppe impegnate in Iraq, nell’oprazione “Antica Babilonia”, durante la guerra iniziata da George W. Bush nel 2003 per deporre Saddam Hussein. I giudici non hanno ritenuto sufficiente nemmeno la testimonianza di Stefio. Il contractor, in udienza, aveva ricordato come uno dei due imputati facesse continuamente riferimento al gruppo terroristico al-Qaida, ammettendo anche di aver partecipato ed essere rimasto ferito nell’attentato di Nassiriya contro la base italiana “Maestrale”, del 12 novembre 2003, dove persero la vita 50 vittime, 25 delle quali italiane. L’esecuzione di Fabrizio Quattrocchi venne ripresa e successivamente, nel 2006, trasmessa parzialmente dal Tg1. Prima di morire Quattrocchi tentò di togliersi il cappuccio, gridando ai suoi assassini: “Adesso vi faccio vedere come muore un italiano”.