Ho sempre avuto un atteggiamento alquanto sospettoso verso quei capitani di industria ed imprenditori poco coraggiosi che parlano solo di ristrutturazioni aziendali, assetti societari, governance e rapporti con la finanza. Rimango convinto che il quid in più in questa categoria non occorra cercarlo nelle pieghe di carte e scartoffie, ma nella catena produttiva che sforna beni ed articoli, tangibili e non tangibili, che fanno veramente la differenza a livello di qualità del prodotto.
Se pensate a Steve Jobs, ricorderete che ogni volta che decideva di comunicare al pubblico il suo messaggio era fortemente incentrato sulla declinazione del suo sogno e sulla presentazione del nuovo prodotto etc… Non l’avrete mai sentito parlare di riorganizzazione aziendale e di nuovi assetti societari, perché il fulcro della sua opera imprenditoriale e manageriale erano il prodotto e l’infrastruttura necessaria per garantirne la qualità massima.
Faccio un altro esempio, a noi più vicino: Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, che è indubbiamente una delle esperienza imprenditoriali più affascinanti della penisola sia per la sua forza espansiva in tempi ridottissimi ed in un contesto recessivo, sia per la capacità di conferire valore aggiunto a tutta una catena di produttori che beneficiano della vetrina offerta, con una ricaduta sull’indotto e su tutta la supply chain di enorme valore. Ebbene, noi grande pubblico dell’assetto societario di Eataly sappiamo ben poco: perché Farinetti si è sempre premurato di sottolineare l’aspetto produttivo del suo business, le nuove aperture in varie città italiane ed estere, gli accordi per garantire le eccellenze gastronomiche nei suoi store etc… Questa è l’impresa che sviluppa a trascina il mercato vero, quello del consumo, della qualità e dell’innovazione.
Poi ci sono, come contrappasso, i vari Tronchetti Provera & Co., di cui da 20 anni leggiamo gesta ed affari sempre relativamente ad acquisizioni, scissioni, fondi di investimento, “società cappotto” create ad hoc per mantenere al calduccio altre società. A memoria, non ricordo una sua apparizione per parlare del futuro del mercato degli pneumatici o, ai tempi di Telecom, dei piani infrastrutturali concreti per dotare il Paese della banda larga, o per illustrare quali servizi la sua società immobiliare intendesse immettere sul mercato per venire incontro alle nuove peculiarità del mercato. E non è il solo, purtroppo: il management e l’assetto proprietario di Alitalia sono un altro fulgido esempio di come la scarsa attenzione sul prodotto porti – a dispetto di tutte le ristrutturazioni che ci si inventi – ad un lento soffocamento della compagnia.
Mi pare che in questi ultimi due mesi Matteo Renzi stia facendo un percorso ben poco virtuoso, scivolando lentamente da una posizione jobsiana e farinettiana ad il classico tiki taka tronchettiano. Il sindaco di Fienze aveva conquistato molti proseliti proprio perché si asteneva dal parlare dell’assetto politico e privilegiava l’attenzione sul prodotto, disegnando un’Italia lanciata verso uno sviluppo reale e solido del territorio, dell’economia, del sistema di welfare e della partecipazione democratica. Questi sono i temi che un “imprenditore visionario” della politica deve proporre. Negli ultimi tempi, invece, lo vedo immerso in ragionamenti su regole partitiche, norme elettive, assetti di alleanze, tattiche parlamentari di fiducia e sfiducia etc. Ho l’impressione che sia caduto nel tranello teso dalla nomenclatura Pd, che lo sta lentamente portando a giocare una partita a ritmi lenti e con molta melina a centrocampo: una di quelle partite in cui magari la squadra meno forte vince con un gol fortuito in contropiede al 94esimo.
Non abbiamo bisogno di quel tipo di politica: siamo pieni di ottimi e competenti uomini di partito che interpretano la politica alla Tronchetti Provera e non si preoccupano di offrire un nuovo prodotto civile, sociale ed economico agli elettori. Spero che Renzi non si faccia imbrigliare così ingenuamente e torni a lavorare su qualità ed innovazione di quanto ci vuole proporre: magari vada a farsi un week-end nelle Langhe con il suo amico Farinetti e ascolti i suoi consigli.
Un elettore come il sottoscritto, ad esempio, che segue molto da vicino la politica estera per interesse personale e motivi professionali, aspetta ancora di capire che cosa intende fare Renzi per ravvivare il posizionamento italiano nelle varie alleanze internazionali cui partecipiamo, dato che è sotto gli occhi di tutti che abbiamo perso molto del protagonismo diplomatico di cui siamo stati capaci in passato. Mi interessa enormemente di più del ragionamento sulle tessere del Pd, su cui lasciamo pure sbizzarrire Cuperlo ed Epifani, Insomma: occorre tornare a marcare la differenza o si rischia di essere risucchiati inesorabilmente.