Al contrario, una comunicazione che concentri troppa attenzione sul corpo del leader non rischia solo il compiacimento autoreferenziale, ma è un boomerang: poiché di solito un uomo o una donna che fanno politica non sono mai esteticamente all’altezza dei corpi smaglianti della pubblicità, della moda, del cinema, riprodurre anche in politica l’esposizione autoreferenziale del corpo offre ai critici e agli avversari la possibilità di accanirsi sui difetti di quel corpo esposto, con battutaccie, insulti o, quando va bene, parodie. Fra l’altro, in politica troppa attenzione al corpo non giova neppure se il leader è belloccio: intendiamoci, la bellezza fisica è sempre un vantaggio e anche in politica lo è, ma insistervi troppo svuota il leader, toglie attenzione ai suoi programmi e contenuti, abbassa il livello del dibattito.
Ecco perché penso che il servizio fotografico che Matteo Renzi ha fatto per l’ultimo numero di Vanity Fair sia un errore (a prescindere da qualunque valutazione estetica di lui e della sua faccia, che ad alcuni/e piace e ad altri/e no): pose affettate, fotoritocco evidente, bianco e nero patinato, sguardo tenebroso, tutto concorre a distrarre dall’intervista e a confermare l’impressione di un leader che pensa più alla confezione (il corpo) che ai contenuti (ciò che sa e può fare). È un’accusa peraltro ricorrente che gli viene rivolta, a cui Renzi dovrebbe cercare di togliere forza, invece di confermarla continuamente. Penso a quando si fece fotografare su Chi a fianco di Fonzie. Ma penso anche alla centralità del corpo di Renzi in camicia per tutta la campagna delle primarie 2012, come pure nelle varie edizioni della Leopolda, e penso infine a certe fotografie patinate sul suo sito web e sulla sua pagina Facebook. Se fossi in lui, la smetterei con l’eccessiva attenzione al corpo: non fa che indebolire la sua credibilità e confermarlo come soggetto di molta apparenza e poca sostanza.