A forza di andare in giro per l’Europa e pure in America a ripetere che il vero problema dell’Italia è la stabilità politica, in nome della quale gli italiani e i loro partner hanno da trangugiare Cancellieri e, magari, Berlusconi, cancellazione dell’Imu e aumento dell’Iva –quando l’inverso sarebbe meglio economicamente e più equo socialmente-, nulla di fatto ma tante chiacchiere sui fronti delle riforme istituzionali e competitive, il premier a qualcuno il sospetto l’ha fatto venire: ma la stabilità dell’Italia di Letta Enrico non sarà quella –tombale- di un cimitero? Vialetti ben ordinati, ma in giro neppure un’anima viva.
Simon Nixon, in un articolo sul Wall Street Journal, di cui è ‘chief european commentator’, si pone l’interrogativo, basato sulla tesi che “molti imprenditori italiani considerano la prospettiva di altri 18 mesi di governo Letta seriamente allarmante” –e non solo molti imprenditori, possiamo assicurargli noi: anche molti lavoratori e molti pensionati. Fare l’elogio della stabilità è un mantra del Quirinale, del Governo e di fette della maggioranza –e, fin qui, siamo alla tautologia- ma pure degli analisti e dei commentatori di casa nostra – e, qui, siamo magari alla piaggeria. Letta, che già ne aveva parlato a Washington, dove aveva incontrato Barack Obama, lo ha ripetuto a Roma giovedì, il giorno dell’incontro con Francois Hollande, e poi a Berlino venerdì, al convegno della Suddeutsche Zeitung, mentre il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni lo diceva a Bruxelles all’Eurogruppo.
Stabilità come pegno di ripresa, che verrà nel 2014 – parola di Letta, una sorta d’autocertificazione – e balzello dell’Europa, con, nel 2014, le elezioni europee a maggio e, poi, il semestre di presidenza di turno italiana del Consiglio dei Ministri dell’Ue. Una stabilità del fare, che produce crescita e innesca cambiamenti nell’Ue, ci starebbe magari bene, a noi e ai partner. Ma il fatto è che la stabilità di Letta – scrive Nixon, citando le sue fonti italiane – si basa sul provare a fare poco e sul realizzare ancora meno”. Al governo in carica da aprile, l’analista del WSJ riconosce che è durato più di quanto molti s’aspettavano e che oggi appare più forte che mai. Ma al prezzo di un immobilismo cimiteriale: grazie al quale, parecchi ministri “ora parlano con fiducia di un governo che duri fino a quando Roma avrà completato il turno di presidenza europea, il che significherebbe che non ci saranno elezioni fino all’inizio del 2015”.
Un anno da zombi? The Economist non ci crede e, applicando all’Italia con qualche ironia il calcolo delle probabilità, dà agli azzurri una chance su cinque di vincere i Mondiali e prevede una crescita “forse dello 0,2%” ed elezioni magari abbinate alle europee. Ma il pronostico più sicuro riguarda Berlusconi: al 99%, i suoi problemi giudiziari continueranno a pesare sulla vita pubblica italiana, lì non ci si sbaglia.