I due avvocati Marco Bona e Umberto Oliva hanno svolto un’analisi partendo dalle sentenze civili e penali di primo e secondo grado degli ultimi due anni. “Ci siamo chiesti quanto valgano abusi e maltrattamenti per i giudici e per lo Stato". Poco, soprattutto se raffrontati ad altre liquidazioni per motivi molto più futili
Sono troppo bassi i risarcimenti alle vittime di violenza domestica. È la tesi di due avvocati, Marco Bona e Umberto Oliva del foro di Torino, dopo una ricerca presentata al convegno “Profili civili e penali in ambito famigliare” tenuto a Vercelli. I due legali hanno svolto un’analisi partendo dalle sentenze civili e penali di primo e secondo grado degli ultimi due anni. In moltissimi casi i risarcimenti liquidati sono molto bassi: “Ci siamo posti questo problema: quanto vale per i giudici e per lo Stato questa violenza all’interno della famiglia?”. Poco, è la risposta.
I casi sono numerosi. Tra questi alcuni sono particolarmente forti. Nel 2012 la sezione civile del tribunale di Milano ha imposto a un uomo di pagare 7500 euro alla moglie per gli insulti, le percosse (tra cui una bottigliata in testa e la serranda di un ristorante chiusa in faccia) perpetrate dal 1990 al 1997. Quasi mille euro per ogni anno di violenza. A una donna con ritardo mentale picchiata da entrambi i genitori con bastoni, cucchiai e zoccoli di legno, cinture, i giudici di La Spezia hanno riconosciuto un risarcimento di 3000 euro. Nell’aprile 2013 la Corte d’appello di Roma, sezione penale, ha stabilito che un uomo dovrà risarcire 5000 euro al figlio della convivente, picchiato con bottiglie di vetro, preso testate, costretto a mangiare i suoi escrementi e a leccare il sangue dal pavimento. Nel 2011 i magistrati di Brindisi hanno condannato un uomo a pagare alle due figlie e alla moglie rispettivamente 20mila, 28mila e 15mila euro: la moglie era stata reclusa in casa e aveva subito violenze e minacce sin dall’inizio della vita coniugale, nel 1975.
Si tratta di cifre irrisorie se confrontate ad altri risarcimenti. I due avvocati prendono alcune storie in esame. Ci sono i 16mila euro di danno esistenziale riconosciuti dai giudici di Venezia all’abitante di un immobile del centro costretta “a sopportare le polveri e i rumori prodotti da un’officina confinante”. Cinquemila euro sono quelli che – per i magistrati bresciani – una società di telefonia deve pagare a un imprenditore la cui privacy è stata “danneggiata” da cinque fax pubblicitari. Il danno d’immagine e il turbamento patito dalla collettività per il rogo della ThyssenKrupp, stabilito dalla Corte d’assise per il Comune di Torino, ammontano a un milione di euro, pari al risarcimento voluto dal Tribunale di Milano per lo “stato di inquietudine e ansia” provato da Christian Vieri dopo aver appreso di stato pedinato da investigatori assoldati dall’Inter.
“Il danno morale è il prezzo che la società riconosce come giusto a chi subisce l’offesa in un momento storico”, spiega l’avvocato Oliva. Alle vittime andrebbe riconosciuto un risarcimento dignitoso dopo aver affrontato cause legali spesso lunghe e dolorose: “La vittima viene ‘massacrata’ e distrutta dai difensori nel processo perché deve essere messa alla prova, deve risultare credibile”, spiega. “Spesso poi si fermano alla provvisionale stabilita dai giudici penalisti perché i processi civili comportano costi alti e nuove sofferenze”. Per questo gli avvocati Bona e Oliva sostengono che gli indennizzi dovrebbero essere più alti, soprattutto in sede penale dove i magistrati hanno le prove dei reati.