Due persone hanno colpito Meredith Kercher con due coltelli, mentre una terza abusava di lei. Questa è la ricostruzione che il procuratore generale Alessandro Crini fa nella requisitoria al processo d’appello bis alla Corte d’Assise di Firenze sull’omicidio della studentessa inglese, e per cui ha chiesto 30 anni per Amanda Knox e 26 per Raffaele Sollecito, per l’accusa di omicidio volontario. Mentre Rudy Guede è già stato condannato a 16 anni di carcere.

Una ricostruzione agghiacciante quella che il pg di Firenze fa di quel primo novembre 2007. Nella casa di Perugia di Mez, sarebbero stati usati due coltelli: l’arma più grande in mano ad Amanda Knox e il coltellino di precisione in quella di Raffaele Sollecito, che lo usò anche per tagliare il reggiseno, mentre Rudy Guede “si stava soddisfacendo in quel modo barbaro” sulla giovane che fu “trattata come un animale“, vittima di “un’aggressione a sfondo sessuale” finita “con un orrendo crimine”. Fu questo l’epilogo di una violenza a cui Meredith cercò di opporsi.

Mentre Rudy Guede la teneva bloccata con una mano e con l’altra ne abusava sessualmente, Amanda Knox e Raffaele Sollecito colpivano la studentessa inglese con due coltelli. Le venne tappata la bocca per impedirle di urlare e quando riuscì a farlo le venne inferta una coltellata alla gola per “toglierla di mezzo”. Per Crini quella coltellata fu scagliata da Amanda. La prova sarebbe data dall’impronta del coltello ritrovata sul letto di Meredith, su cui la presenza del dna della Knox è “chiarissima”. “La Knox è presente con il suo profilo, non è una suggestione – continua il procuratore -. Il dna di Amanda è presente in un punto molto particolare, fra l’impugnatura e la lama. Una posizione del dna significativa ed inquietante“.

Per la Knox, ai 30 anni chiesti, devono aggiungere altri 4 anni di reclusione chiesti per la calunnia nei confronti di Patrick Lumumba. In primo grado a Perugia Amanda venne condannata a 26 anni di reclusione e Raffaele a 25, assente oggi in aula. “Senza parole”, questo il commento a caldo di Francesco Sollecito, padre di Raffaele, al termine della requisitoria. Mentre Amanda continua a professarsi innocente: “Io non c’ero in quella casa”.

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