L'Agenzia delle entrate vuole porre un limite alla pioggia di milioni (esentasse) che sostengono le campagne elettorali. Nel mirino i gruppi di "social welfare" di stampo conservatore
La politica USA si prepara alle presidenziali 2016. E si scatena la battaglia su come trovare, o arginare, il flusso di milioni di dollari che gruppi, singoli, istituzioni, interessi particolari faranno arrivare ai candidati. Il Dipartimento al Tesoro e l’Internal Revenue Service (IRS, l’agenzia delle entrate) hanno presentato nuove regole per mettere un limite al finanziamento alla politica dei gruppi di “social welfare” che godono di esenzioni fiscali. La misura dovrebbe avere conseguenze importanti sull’attività di quei centri conservatori, per esempio Crossroads GPS di Karl Rove, gli Americans for Prosperity dei fratelli Koch o la League of Conservative Voters, che alle scorse presidenziali hanno fatto affluire milioni di dollari nelle casse di Mitt Romney. Ma anche gruppi progressisti come Priorities USA rischiano un drastico ridimensionamento delle loro attività.
La polemica su questo tipo di organizzazioni era stata al centro della campagna per le presidenziali 2012. Crossroads, il gruppo che fa capo a Rove, architetto delle vittorie elettorali di George W. Bush, aveva per esempio speso più di 100 milioni di dollari contro Barack Obama – uno dei più clamorosi tentativi di influenzare un’elezione presidenziale nella storia degli Stati Uniti. Complessivamente, la spesa politica di questi gruppi nel 2012 era stata di oltre 300 milioni (erano stati meno di 5,2 milioni nel 2006). L’allarme per i rischi di distorsione del processo politico era venuto da molti istituti che si occupano di trasparenza della politica e dei meccanismi elettorali, oltre che da ampi settori del partito democratico. Il massiccio intervento elettorale era stato possibile grazie a una sentenza della Corte Suprema del 2010, la Citizens United, che in nome della libertà di espressione toglie ogni limite alle somme che singoli, sindacati, corporations possono donare ai gruppi no profit (togliendo anche l’obbligo di rendere pubblici nomi e cognomi dei donatori).
Per evitare nuove distorsioni, arriva a questo punto la proposta del Dipartimento al Tesoro e dell’IRS. Attualmente, le organizzazioni no profit raccolte sotto la sezione “501 (c)(4)” godono di esenzioni fiscali in nome del loro lavoro nel campo sociale e dell’assistenza. In realtà, oltre a promuovere attività di social welfare, questi gruppi hanno svolto una decisa e per nulla nascosta attività politica: finanziamento di spot televisivi per i candidati, registrazione elettorale, diffusione di materiale politico e organizzazione di comizi. Il tutto mascherato con ragioni di “attività nel sociale” e sottratto al peso delle imposte. Le nuove regole studiate in questi mesi proibiranno questo tipo di attività, distinguendo in modo più netto tra politica e azione sociale.
“Sfortunatamente, sembra che gli stessi burocrati che hanno cercato di sopprimere la libertà d’espressione dei gruppi conservatori hanno messo insieme nuove regole che valgono per i gruppi no profit ma non per i sindacati”, ha spiegato Nick Ryan, il fondatore di un altro di questi istituti conservatori, l’American Future Fund, che alle scorse elezioni ha speso 25 milioni di dollari. L’attuale proposta di regolamentazione arriva infatti dopo le polemiche e le proteste dei gruppi legati ai Tea Parties, che alcuni mesi fa avevano denunciato pressioni e intromissioni esagerate dell’IRS nelle loro attività. L’agenzia delle entrate aveva negato qualsiasi intento discriminatorio, lamentando piuttosto una scarsa chiarezza delle regole che sovrintendono all’attività dei gruppi politici e sociali. Le nuove regole stanno ora per arrivare e fissano una serie di paletti che sembrano fatti per irritare, in molti casi anche apertamente scandalizzare, proprio i gruppi conservatori.
Non sarà più possibile citare in un proprio documento un candidato politico nei 60 giorni precedenti un’elezione. Non sarà più possibile distribuire un solo volantino a favore di un candidato. Pena, appunto, la perdita dello status di organizzazione no profit, e quindi delle facilitazioni fiscali. “L’impatto delle nuove norme sarà devastante sulla politica USA”, ha spiegato Marcus S. Owens, già direttore dell’IRS. Mentre si scatena la polemica politica, si apre una battaglia più sotterranea ma non meno importante. E cioè dove indirizzare milioni di dollari che a questo punto restano senza sbocco ma che devono comunque centrare, nelle intenzioni dei finanziatori, l’obiettivo di sempre: influenzare il processo politico e ed elettorale della democrazia americana.