Economia

Alitalia, i soldi della ricapitalizzazione arrivano alla spicciolata e ancora non bastano

Alla scadenza per la sottoscrizione dell'aumento di capitale da 300 milioni di euro sono stati versati solo 173 milioni. Operazione e ingresso di Poste ancora in salita

La dilazione di due settimane è servita a poco. Alla scadenza, a mezzanotte del 27 novembre, del termine ultimo per la sottoscrizione della ricapitalizzazione da 300 milioni di euro di Alitalia, la meta è ancora lontana. E, nonostante l’ottimismo mostrato dalle parti in causa, la situazione come traspariva già nelle scorse settimane dopo il dietro front definitivo di Air France, non promette nulla di buono. Fino ad ora, infatti, sono stati versati soltanto  173 milioni di euro. Quindi si arriva alla soglia minima necessaria per la validità dell’operazione, cioè 240 milioni, doltanto aggiungendo i 75 milioni promessi da Poste Italiane. Peccato però che l’azienda pubblica avesse condizionato la sua partecipazione al fatto che gli ex patrioti di Silvio Berlusconi tutti insieme faccessere uno sforzo da almeno 225 milioni, condizione che non si è avverata.

Eppure è lo stesso ad di Poste Italiane, Massimo Sarmi, a dirsi fiducioso sul buon esito dell’operazione. “Mi pare che i numeri siano molto vicini alla cifra prevista”, ha detto rieccheggiando affermazioni simili della compagnia. “Con riferimento all’aumento di capitale per complessivi 300 milioni di euro, deliberato da Alitalia il 14/15 ottobre 2013, per cui è scaduto ieri il termine per l’esercizio del diritto di opzione”, ha fatto sapere Alitalia, “la società comunica di aver incassato, a fronte delle sottoscrizioni ricevute da soci e dei versamenti effettuati da Intesa SanPaolo e da Unicredit a valere sulla garanzia di sottoscrizione da loro prestata, l’importo complessivo di circa 173 milioni di euro e di aver ricevuto altresì, in conformità alla delibera di approvazione dell’aumento citato, riserve relative all’inoptato per quantità superiori a quelle disponibili”. “A norma di detta delibera – ha aggiunto – tali riserve dovranno essere confermate nei prossimi giorni (non oltre il 10 dicembre prossimo) e le relative dichiarazioni di conferma dovranno essere accompagnate dal corrispondente pagamento. In base alle indicazioni ad oggi ricevute, la società ritiene che, tenuto conto anche degli impegni di sottoscrizione assunti nei suoi confronti, sussistano le condizioni affinché l’aumento di capitale in parola sia interamente collocato e sottoscritto”.

A rispondere all’appello, fino ad ora sono stati Gavio (4 milioni di euro), Pirelli (7,5 milioni), Intesa Sanpaolo (26 milioni), la Atlantia dei Benetton (26 milioni) la Immsi di Roberto Colaninno (13 milioni) e il socio Maccagnani (6 milioni). Ulteriori 65 milioni sono stati versati da Intesa Sanpaolo e Unicredit a valere sulla loro garanzia di 100 milioni di euro. A questi vanno aggiunti altri 25,5 milioni di provenienza incerta, mentre è certo che si tratta di versamenti tutti nettamente inferiori a quanto è disponibile a mettere sul piatto Poste. 

E che la meta, se sarà raggiunta, lo sarà con grandi difficoltà. Probabilmente grazie al pressing insistente operato dalle banche sui soci della compagnia, anche i più piccoli. Intanto si è aperta la vendita dell’inoptato. Con una prima fase in cui i soci che hanno sottoscritto interamente la propria quota potranno godere del diritto di prelazione fino a un termine che non è ancora stato fissato. Dopodiché fino al 31 dicembre potranno entrare sull’inoptato anche soggetti terzi. Ed è in quella fase che è atteso l’ingresso di Poste Italiane. “Ci sono molte prenotazioni per questa componente: quindi tutto lascia prevedere un percorso di conclusione positiva”, ha commentato ancora Sarmi.

Le speranze di tutti – soci, banche e governo – sono che Air France ritorni sui suoi passi. Anche perché non sembra esserci molto altro in cui sperare. Non a caso l’ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, sostiene che la compagnia d’Oltralpe “non è ancora completamente fuori dallo schema” e ci “sono ancora spazi per fare ragionamenti con lei”. Anche perchè, ha sottolineato il presidente di gestione della stessa Intesa, Gianmaria Gros Pietro, Alitalia “non può andare avanti da sola. Per potere avere un futuro, la compagnia aerea ha bisogno di un partner”.

“Oggi scadono i termini per l’aumento di capitale, poi ci sono quelli per l’inoptato, che è l’altra fase – ha spiegato ancora Messina – Fino a quel momento non avremo l’importo definitivo dell’aumento di capitale. Però io  sono abbastanza tranquillo sul raggiungimento degli importi e quindi sull’ingresso di Poste”. Quanto ai partner internazionali, il banchiere ha evidenziato come ce ne sia bisogno e Air France non sia ancora del tutto “fuori”. Comunque, ha proseguito, “non c’è dubbio che vadano poi valutate tutte le diverse ipotesi di cui si è parlato sui giornali”. Per Messina “tutti i possibili partner internazionali rimarranno in questo ambito fino alla conclusione dell’inoptato”. Quindi, ha spiegato, “io penso che avremo ancora un mese prima di capire chi effettivamente potrà essere il partner sui cui investire”.

“Il governo nell’impegno che sta mettendo per il salvataggio di Alitalia ci ha chiesto uno sforzo rispetto alla tassa Iresa che fu introdotta lo scorso anno sotto la giunta Polverini e confermata da noi. Tassa che vale 56 milioni all’anno. Vista la delicatezza della situazione di Alitalia taglieremo la tassa almeno del 30%, verificheremo poi se sarà possibile andare oltre. Speriamo che questa sia una buona soluzione per l’azienda Alitalia e per il rilancio dell’aeroporto di Fiumicino“, fa sapere intanto il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti.