Il mare Adriatico è in buona salute? Sì, ma i suoi problemi rimangono tutti. A partire dalle “stragi di pesci, paganelli e sogliole” soprattutto, così come dei molluschi. Il tutto è riconducibile alla marcata eutrofizzazione (fioritura straordinaria di alghe) ultimamente concentrata nell’area nord, un fenomeno in peggioramento. E’ dovuta ad un apporto straordinario di sostanze nutritive sulla costa, d’estate, quando enormi quantità di acqua dolce provenienti dal bacino padano, a parte in Emilia Romagna poco depurato, riducono la salinità con i propri apporti di fosforo e azoto. Risultato: un mare nei periodi critici simile ad una ‘zuppa’ verde, innocua ma come minimo sgradevole per i bagnanti.
Che l’Adriatico stia abbastanza bene lo dicono i dati presentati mercoledì 27 novembre a Cesenatico dagli esperti di Daphne II, la struttura oceanografica di Arpa Emilia Romagna che ogni anno, armata di provette e campioni, compie le proprie ricerche a bordo di una motonave attrezzata. Per la prima volta quest’anno è stato effettuato il monitoraggio dei rifiuti sia lungo il litorale sia nelle acque, dove è stato realizzato un campionamento delle micro-plastiche.
I risultati sulla salubrità delle acque di Daphne II si incrociano con quelli di “Goletta verde” di Legambiente, che lo scorso giugno accertava come fossero tre le foci fuorilegge sulle 11 monitorate sulla costa emiliano-romagnola: per il quinto anno consecutivo, secondo i dati degli ecologisti, gli inquinanti risultavano oltre i limiti alla foce del torrente Marano, a Riccione, e fortemente inquinati anche a quella del canale di Cervia e del fiume Conca a Misano.
La responsabile di Daphne II Rita Ferrari, a Cesenatico al fianco dell’assessore regionale alla Difesa della costa Paola Gazzolo, ribadisce che nel 2013 non si sono registrati casi di inquinamento. Con una premessa fondamentale: “I problemi riscontrati si sono verificati dopo una serie di annate, in particolare il 2012, che segnalavano un trend in miglioramento soprattutto per i fenomeni eutrofici e le conseguenti ipossie/anossie dei fondali. Ciò dimostra che le condizioni del nostro mare sono molto variabili anche nel breve arco temporale e che l’ecosistema marino- ha sottolineato Ferrari- è strettamente legato alle pressioni antropiche derivanti dai fiumi che sfociano nel mare Adriatico”. Come dire, la tendenza sta cambiando ed è bene monitorare.
In ogni caso, nel 2013 si è rilevata la presenza in quantità significativa di granchi, tra cui quello “reale”, delfini e cavallucci marini, generalmente rari nell’alto Adriatico e in prossimità della costa. Un buon segno. È aumentato anche il numero delle tartarughe (Caretta caretta), che per le condizioni tipiche del mare in questione trovano abbondante nutrimento in acque poco profonde.
Ecco, le tartarughe. L’incremento del loro numero nell’Adriatico è confermato in realtà anche dallo spiaggiamento di circa 200 esemplari che tra ottobre e novembre ha interessato la costa del Friuli Venezia-Giulia, dell’Emilia-Romagna e delle Marche. Si tratta di un evento “anomalo”, sostengono gli esperti, sia per l’elevato numero di individui colpiti, quattro-cinque volte maggiore rispetto alla casistica del periodo e dell’area, sia per il ristretto lasso di tempo e la fascia circoscritta in cui è avvenuto, da Grado a Rimini.
Anche in questo c’entra l’ossigeno. Dopo un esame necroscopico su numerosi esemplari ritrovati spiaggiati, diversi per taglia e genere, è stato riscontrato che la moria non è stata causata da fenomeni di inquinamento a seguito di sversamenti di micro-inquinanti in mare, e nemmeno da un improvviso calo della temperatura dell’acqua. L’ipotesi è che la stessa carenza estiva di ossigeno abbia causato la moria degli organismi che vivono a stretto contatto del fondale, fonte di sostentamento per le tartarughe, le quali si sarebbero concentrate in aree molto ristrette e al largo dove è presente cibo foraggiato.
La causa principale della loro moria sarebbe poi legata all’attività di pesca esercitata con reti a strascico, con la cattura non voluta e accidentale di alcuni esemplari. L’elevato numero di spiaggiamenti è da attribuire ai venti di bora e alla deriva delle correnti verso la costa occidentale, dicono da Daphne II. Il fenomeno, assicurano comunque Regione e Arpa, è stato costantemente seguito dalla rete regionale per la conservazione e la tutela delle tartarughe marine, istituita dall’Emilia Romagna nel 2012 per adottare, con gli enti locali e gli operatori del settore, strategie volte alla conservazione delle specie marine minacciate.