Ricordo una scena nel film La mia Africa di Sydney Pollack tra Robert Redford (Denys George Finch Hatton) e Meryl Streep (Karen Blixen) che a mio parere è di un’incredibile sensualità. Ovvero quando lui le lava i capelli.
Questo frame cinematografico racchiude un gesto erotico e poco consueto. Ecco perché nel mezzo di tutta questa frenesia virtuale contemporanea elogio il tatto, il tocco, le carezze.
Elogio i preliminari amorosi in cui ci si sfiora: non solo con le mani ma anche con le labbra, con i capelli, con il seno, con i piedi, con tutto il corpo.
In Oriente si esegue il soapy massage, tecnica ormai conosciuta solo da chi pratica sesso a pagamento. Più precisamente in Giappone, esistono locali tradizionali detti Soapland in cui il cliente viene lavato da una massaggiatrice nuda: si cosparge il corpo di schiuma e in modo sinuoso, con una gestualità lenta e ritmica, provvede a far scivolare i propri attributi sull’uomo disteso. E’ un’esperienza voluttuosa sicuramente poco comoda da praticare a casa propria.
Questo è un esempio, ma spesso anche nei rapporti di grande rapimento erotico, la carezza viene messa in secondo piano perché solitamente si preferisce stringere.
Esistono anche accessori per accarezzare: un semplice foulard di seta, un solleticatore di piume, guanti. Si possono utilizzare fiori o collane di perle. Un’amica mi raccontò che aveva un amante che adorava i suoi capelli lunghi: durante il petting effettuava una sorta di danza sopra di lui in cui lo sfiorava sul petto con la chioma profumata. Ovviamente era una premessa alla fellatio.
La carezza viene associata alla dolcezza e alla delicatezza. Il sesso è anche questo. A volte lo si dimentica.