L’Italia della ricerca si mobilita contro lo schema di recepimento della direttiva Ue in materia di test sugli animali. "Ci troviamo di fronte a una legge delega, che sarà totalmente attuativa dal primo gennaio 2017" dice il direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. Lo scienziato da mesi riceve minacce
L’Italia della ricerca si mobilita contro lo schema di recepimento della direttiva Ue in materia di sperimentazione animale. “Ci troviamo di fronte a una legge delega, che sarà totalmente attuativa dal primo gennaio 2017. Quello che abbiamo ottenuto con i nostri sforzi è stata una moratoria relativa a due punti: la proibizione di fare ricerca sugli xenotrapianti e di fare ricerca sulle sostanze d’abuso. Tutto ciò che possiamo fare è ricorrere alla Corte europea, perché in questo modo si viola l’articolo 2 della Direttiva stessa”. Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, si batte da mesi contro la legge delega approvata lo scorso 1° agosto sulla sperimentazione animale e per questo è oggetto anche di minacce.
Al Convegno ‘Spera – Sperimentare per curare. Animali modello e progresso nella ricerca biomedica al Cnr è intervenuto anche Paolo De Girolamo, direttore Centro servizi veterinari dell’Università di Napoli Federico II: “Siamo qui per interrogarci se l’Italia è un Paese per scienziati. Un vecchio mantra che ha sempre animato la comunità scientifica”, ha detto il presidente Aisal (Associazione italiana per le scienze degli animali da laboratorio), che ha organizzato l’evento.
Un incontro che puntava a presentare le ragioni della comunità scientifica, anche e soprattutto a causa della discussione sulla normativa Ue in materia di sperimentazione animale, che vede l’Italia “in ritardo rispetto alle altre nazioni europee e con una posizione fortemente restrittiva“, affermano i ricercatori. Nel recepimento della Direttiva in Italia, infatti, si sono voluti introdurre “emendamenti restrittivi” su cui la comunità scientifica rimane perplessa “in quanto appaiono immotivati, poco argomentabili e di difficile condivisione, quali il divieto di fare ricerca sugli xenotrapianti; fare ricerca sulle sostanze d’abuso; allevare cani, gatti e primati non umani a fini scientifici pur mantenendo la possibilità di utilizzarli con la conseguente necessità di ricorrere ad allevamenti extranazionali; utilizzare animali nei corsi universitari delle facoltà scientifiche legate alla ricerca biomedica ad esclusione delle facoltà di Medicina veterinaria”.
“La Direttiva europea è stata elaborata con grande difficoltà in un notevole numero di anni – ha detto Garattini – per conciliare le posizioni degli animalisti con quelle della ricerca per ridurre la sperimentazione animale. L’obiettivo è uniformare le posizioni di tutti i Paesi europei e l’Italia ha partecipato fin dall’inizio a questa discussione, non è stata esterna. Ma l’ostruzionismo è stato forte: e oggi ci troviamo di fronte a una legge delega, che sarà totalmente attuativa dal primo gennaio 2017″.
“Molte cose – ha affermato Marta Piscitelli, ricercatrice e vicepresidente Aisal – si possono fare in vitro usando le cellule, ma poi bisogna andare a vedere se funzionano in vivo. Non può essere messo in discussione che la sperimentazione sugli animali, passo obbligato prima della sperimentazione sull’uomo dei nuovi farmaci, ha permesso di avere terapie per malattie gravi, come l’Aids, la leucemia infantile, il cancro e malattie neurodegenerative come il Parkinson e l’Alzheimer“. Le preoccupazioni, quindi, si sono estese alla ricerca nella sua complessità, come ha detto De Girolamo. “Norme così limitative possono favorire la migrazione della ricerca biomedica verso Paesi privi di controlli e regole, con un effetto controproducente sia per la salvaguardia del benessere stesso degli animali, che per lo sviluppo scientifico ed economico nel nostro Paese”.