Ballarò e l’orgasmo mancato
Antonio Di Pietro è nella sua casa di Montenero di Bisaccia. “Sto preparando una bella pastasciutta, non mi disturba affatto. Che voto darei ai 5 Stelle? Sette. Per il metodo: arrivare in Parlamento con tutti contro e da novizi è molto difficile, ci sono passato con l’Italia dei Valori. Nel merito: se non ci fossero loro, chi farebbe opposizione?” Vittorio Feltri, che a febbraio aveva accostato l’operato di Grillo a un “orgasmo”, è ora assai meno entusiasta. “Onestamente non mi sono accorto che i grillini esistono, al di là di un fatto: quando ci fu l’incontro tra Bersani e, dall’altra parte, Crimi e un’altra che non ricordo”. Roberta Lombardi, quella che “noi siamo le parti sociali, mi sembra di essere a Ballarò”. “Ah sì, lei. Guardando quello streaming ho capito come sarebbero andate le cose. Grillo ha fatto una cosa straordinaria, ma ha trascurato la selezione del personale, che tramite la Rete è risultata debolissima. Sono tutti inconsistenti tranne uno, mi pare si chiami Nicola Morra. Dice cose che non condivido, ma è colto e preparato. Se il movimento fosse in mano a gente come lui ne sarei rassicurato e anzi felice. Invece sono molto freddo, proprio in relazione alla struttura del partito. Non so se miglioreranno o ci dovremo rassegnare a una Lega di serie C con un personale non all’altezza”. Proprio il senatore Morra racconta gli obiettivi del V Day 3: “Migliaia di cittadini si confronteranno su tematiche che apriranno un nuovo mondo e produrranno una rivoluzione anzitutto culturale. Vogliamo abbandonare l’Italia che è per costruire l’Italia che sarà”. Come? “È tutto racchiuso nella parola ‘oltre’. Vogliamo essere più in là, più avanti nella costruzione di un mondo nuovo in cui gestire acqua, ciclo dei rifiuti, energie rinnovabili. Non più profezie, ma prassi che quotidianamente ci accompagnino. Adesso vogliamo fare, non più prospettare e dire”.
Dall’Ecuador a WikiLeaks
Il tratto distintivo del terzo V Day pare essere questo: non (più) la protesta al centro di tutto, ma la proposta. Da qui la presenza di esperti internazionali su vari temi: la rinegoziazione del debito sul modello ecuadoregno, una nuova informazione che tragga spunto anche da WikiLeaks (in collegamento video ci sarà Julian Assange), riforma della giustizia, partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica, bio-edilizia, bio-architettura, lotta alla cementificazione selvaggia. Il M5S vuole dimostrare di essere di governo, oltre che di lotta. Morra, professore di filosofia che a Cosenza portava gli studenti a vedere i concerti degli U2 per insegnargli il valore della collettività, specifica: “Noi portavoce non saremo sul palco ma in un grande gazebo, a disposizione dei cittadini, per rispondere alle domande e mostrargli tutta la nostra attività parlamentare. La disinformazione di larga parte del sistema mediatico ha alimentato critiche ingiuste”. Enrico Mentana, accusato di filo-grillismo da Eugenio Scalfari, riassume questi nove mesi: “Il M5S gioca in trasferta, le vecchie volpi sono molto più esperte e il noviziato si paga. Passare dalla piazza e dal web al Parlamento non è facile. In più c’è stato un reclutamento sbagliato. Devono adattarsi al campo da gioco e imparare le regole. L’incoscienza totale è stata un valore aggiunto a febbraio, ma adesso non vale più. Di errori ne hanno fatti. Il pilota esordiente, quando vede il primo fuoco e l’incidente lo segna, è costretto a maturare: a loro deve accadere la stessa cosa. Mantengono una grande forza anche grazie agli errori degli altri. Le promesse però non bastano più. E alle prossime elezioni non saranno indulgenti. I 5 Stelle stanno imparando, ma non abbastanza”.
L’euro e i permalosi
Più conciliante Gianluigi Paragone, accusato di antipolitica dai vertici Rai (infatti adesso è a La7). Claudio Messora, oggi responsabile comunicazione M5S al Senato, era presenza fissa a L’ultima parola su Rai2. “I 5 Stelle hanno portato molto entusiasmo e costretto gli altri a smarcarsi. Hanno rotto il gioco a centrocampo della casta. Nel ruolo di oppositori sono molto bravi. Li attendo al varco su un tema che mi aveva colpito durante la campagna elettorale: la critica all’Europa e all’euro”. Vorrebbe un M5S vicino alle tesi di Barnard? “Lui porta in Italia la scuola di Mosley, da cui Grillo è distante. Vorrei però almeno il referendum sull’euro e un’attenzione maggiore ai poteri forti europei che dominano l’Italia. Alcuni deputati come Sibilia si scagliano spesso contro Bilderberg, ma è un’attenzione altalenante. I 5 Stelle sono poi molto permalosi: gli si può concedere, il grande entusiasmo porta con sé una patina di presunzione, ma hanno già tutti contro e rischiano di complicarsi ulteriormente la vita”. Tra gli errori gravi di questi mesi: non avere fatto il famoso nome (Rodotà, Settis e Zagrebelsky) al secondo giro di consultazioni con Napolitano prima del governo Letta; le gaffes (microchip, sirene, “Pino Chet”); avere puntato all’esordio sui tafazziani Lombardi e Crimi; la gestione vagamente stalinista del dissenso (anche se poi tutti gli epurati hanno appoggiato Letta, dando ragione a chi li accusava di tradimento); un duropurismo integralista che li ha spesso costretti al ruolo di meri osservatori; alcuni post puerilmente incazzosi di Grillo (ma più che altro di Casaleggio). Tra le mosse vincenti: rifiutare le finte avances di Bersani; puntare su Rodotà al Quirinale; la meritoria difesa della Costituzione; le battaglie contro Alfano, Cancellieri, F35; votare la mozione Giachetti (a differenza del Pd); non avere smarrito il contatto con la piazza; il voto palese e la conseguente decadenza di Berlusconi; alcuni interventi finalmente indignati e guerreggianti, per esempio Di Battista alla Camera e Taverna al Senato. Concorda Carlo Freccero: “L’intervento della Taverna è stato straordinario. I 5 Stelle hanno alternato cose buone e cattive. Temo che Grillo li abbia spesso bloccati, non permettendo ai parlamentari di emergere e crescere appieno”.
Tetti e lamentazioni
Oscar Giannino è convinto che il Movimento avrà successo anche alle Europee: “Il voto di protesta non è un voto di pancia. È un voto di testa, molto pensato. Chi crede in loro, non voterà mai più gli altri. Preferisce il rischio ai soliti noti. Non si sa ancora cosa farebbero al governo, e questo per una forza politica tradizionale sarebbe molto negativo, ma il M5S non ha nulla di tradizionale. Per ora si nascondono, ma se vincessero le elezioni avrebbero già pronta una lista di governo tutt’altro che deludente”. Giovanna Cosenza, docente di Filosofia e Teoria dei Linguaggi all’Università di Bologna e curatrice della voce Treccani dedicata al M5S, sintetizza: “Di errori ne hanno fatti tanti. Hanno dato l’impressione di essere bloccati in una sorta di eterna lamentazione. Sembrano saper dire solo: “Non, non, non”. Il loro elettorato è eterogeneo e alcuni non hanno gradito. La sensazione è quella di una inazione dai tratti infantili, come la salita sul tetto: un gesto che va bene nei movimenti studenteschi ma non in Parlamento, non tanto perché viola il protocollo ma perché sancisce la propria impotenza. Il V Day 3 è il desiderio di recuperare forze laddove sono nate: l’inseguimento di un’energia spontanea, con un pizzico di nostalgia. Il recupero della piazza è importante, ma repetita non iuvant. È cambiato tutto: ora loro sono dentro e non più fuori”.
da il Fatto Quotidiano del 1° dicembre 2013