L'ex sindaco e i suoi ex assessori (tra cui figurava l'attuale primo cittadino Virginio Merola) dovranno andare a giudizio per rispondere dei finanziamenti per il progetto del tram su gomma. Costato decine di milioni di euro, non è mai partito
L’ex sindaco di Bologna Sergio Cofferati e tutta la sua giunta comunale nata nel 2004 (dove sedeva l’attuale sindaco Virginio Merola come assessore all’urbanistica) saranno processati dalla Corte dei conti dell’Emilia Romagna per il caso del Civis, il tram su gomma costato 90 milioni di euro e mai partito.
La magistratura contabile ha indagato per anni assieme alla Guardia di finanza e ha individuato gli amministratori a cui presentare il conto di tutti i soldi spesi inutilmente per questo progetto che, nonostante non abbia mai preso il via, ha sconvolto il traffico in alcune zone della città. Nonostante il progetto fosse partito ai tempi del sindaco Giorgio Guazzaloca, la giunta Cofferati approvò nel 2004 una variante sostanziale del progetto, provocando, secondo l’accusa, un danno patrimoniale da 1.250.111 euro per le spese di progettazione del Civis. L’inizio del processo è previsto per il prossimo 7 maggio e tutti e dieci i membri della giunta più due ex dirigenti, rischiano di dover restituire quella somma di tasca loro a Comune e Tper, l’attuale azienda del trasporto cittadino. Le difese di quasi tutti, compresa quella di Cofferati, potrebbero fare leva sulla prescrizione.
Gravissime le accuse della Corte dei conti: “La vicenda in esame – si legge nell’atto di citazione – è stata gestita in modo macroscopicamente confliggente con il principio secondo cui l’esercizio dell’azione amministrativa deve essere improntato ai canoni della legalità, dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità, e deve rispondere ai criteri di ragionevolezza che rappresentano corollari del principio di buon andamento della Pubblica amministrazione”.
Cosa contesta la procura. Nel 2004 la giunta Cofferati, mise in cantiere un’altra opera (anche questa mai realizzata): la metropolitana. Quest’ultima avrebbe dovuto attraversare secondo i programmi la parte ovest della città, sovrapponendosi in questo modo al Civis, che nel frattempo era stato già progettato. Così il Comune decise di cambiare tragitto non al metrò, ma al Civis. Quest’ultimo, nato per collegare i due estremi est ovest della città, diventa automaticamente inutile: “Riesce davvero difficile capire quali siano state le ragioni che hanno indotto il Comune di Bologna ad intervenire così drasticamente su una tratta del Civis – si legge nella citazione a giudizio – stralciandone proprio quella che era la parte prioritaria e strategica, per la quale era stato già presentato in fase di gara il progetto di livello esecutivo, le cui consistenti spese dovevano peraltro essere sostenute dalla stazione appaltante”.
“Quello che si imputa alla giunta – si legge ancora nelle carte dell’accusa – è di aver malamente esercitato il proprio potere discrezionale, esorbitando dai suoi limiti, nella misura in cui ha in maniera irragionevole, illogica, arbitraria e antieconomica: 1) apportato una variante contra legem al progetto Civis; 2) determinato la sovrapposizione tra i tracciati dei due sistemi di trasporto pubblico; 3) cagionato per conseguenza l’abbandono delle opere e degli impianti del primo sottostralcio del Civis, che divenivano, per ciò solo, inutili, ma di cui si doveva comunque rispondere in termini economici”.
Sul Civis è in corso anche un’altra inchiesta da parte della procura contabile: è quella sulle spese sostenute per le opere civili (i già citati 90 milioni di euro), costruite nonostante fosse chiaro che il tram non sarebbe mai partito (le famigerate banchine di via Marconi e via Irnerio ne sono un esempio). Sul fronte penale invece a breve ci saranno le udienze preliminari per alcuni dirigenti delle cooperative rosse di costruzione e per gli ex vertici dell’azienda trasporti Atc. Giorgio Guazzaloca era stato scagionato dalle accuse.
Oltre a Cofferati (che se condannato dovrebbe pagare il 30% del risarcimento) e Merola, l’atto di citazione dei pm della Corte dei conti riguarda tutti gli assessori che votarono quella variante: Silvana Mura, ex parlamentare e braccio destro di Antonio Di Pietro nell’Italia dei Valori, per un periodo vicesindaco dell’ex segretario della Cgil. Poi c’è l’ex assessore alla mobilità Maurizio Zamboni, gli altri assessori Giuseppe Paruolo, Anna Patullo, Milli Virgilio, Antonio Amorosi, l’ex direttore di Rai tre, assessore alla cultura in quella giunta, Angelo Guglielmi, Paola Bottoni, l’ex segretario generale del Comune Marcello Napoli e l’allora dirigente del settore mobilità Paolo Ferrecchi. Eccetto l’assessore competente Zamboni (che rischia di dovere pagare il 25% della somma), al gruppo degli assessori restanti è imputato il 30% dell’eventuale danno erariale.