La direzione regionale del Partito democratico dell'Emilia Romagna ha deciso di non chiedere un passo indietro agli eletti coinvolti nello scandalo delle spese dei gruppi che si sta scatenando in Regione. Ai singoli verrà domandato di giustificare il proprio comportamento. Bocche cucite e imbarazzo
Nessuna auto blu, giusto qualche taxi. Persino il governatore Vasco Errani arriva a bordo di una Fiat 500. La parola d’ordine è dare l’apparenza di sobrietà in questo momento è fondamentale. Doveva essere una resa dei conti la direzione regionale del Partito democratico dell’Emilia Romagna di lunedì 2 dicembre. Doveva, ma non è stato così. Circa 70 delegati, i vertici del Pd nel territorio, si sono ritrovati a Bologna per discutere della tempesta che si sta scatenando anche sui propri consiglieri regionali riguardo alle spese dei gruppi. Ma oltre alla discussione, non c’è stato alcuno sconvolgimento nella riunione durata meno di tre ore. La proposta di ordine del giorno presentata dal segretario regionale Stefano Bonaccini a inizio seduta, ha avuto infatti il voto unanime dell’assemblea. E leggendo il documento si capisce che non è stata presa alcuna decisione, non è stato chiesto ai consiglieri finiti sotto la lente dei magistrati alcun passo indietro, non sono state chieste le dimissioni da consigliere, né la restituzione della tessera del partito.
“Sapremo essere rigorosi verso noi stessi”, aveva detto il segretario Bonaccini, al termine della sua relazione iniziale. Poi al termine dell’incontro a tarda sera ha ribadito la linea coi cronisti: “Sappiamo perfettamente qual è il sentimento di tanti militanti e cittadini e noi vogliamo dire che qui non c’è nessun Fiorito e nessuno che si è arricchito personalmente”. Bonaccini ha anche tracciato la linea della fermezza e si appella al codice etico del Pd: “Anche se non fossero rilevati fatti penalmente significativi, c’è il codice etico che ciascuno di noi ha sottoscritto. Se qualcuno non sarà in grado di giustificare eventuali comportamenti non consoni al codice etico questo sarà applicato per chiunque”. Ma sono i tempi per le sanzioni a sembrare molto lunghi e indefiniti: “Siamo in una fase di indiscrezioni legittime da parte dei media. Quando queste saranno accertate dalla magistratura allora noi faremo una interpretazione al nostro interno”, ha spiegato Paolo Calvano, il segretario provinciale di Ferrara, che ha parlato a nome della Direzione.
Grande assente della serata è stato Marco Monari, l’ex capogruppo in consiglio regionale dimessosi proprio per la bufera scatenatasi sulle cene e i viaggi pagati dal gruppo regionale con soldi pubblici. Al dibattito era presente invece Roberto Montanari, il consigliere regionale finito nella bufera con Monari per avere preso a noleggio con conducente un’auto da Napoli ad Amalfi alla cifra di 900 euro sola andata. Nella ricevuta il viaggio, avvenuto nell’estate 2011, era stato rubricato col titolo di “Servizio limousine”, anche se il politico Pd ha sempre negato di essere salito in un’auto di quel tipo. All’uscita dalla direzione, alla domanda se si senta messo in discussione, Montanari ha replicato: “Vi sembra che abbia quella preoccupazione lì?”.
I numeri finora trapelati dalle inchieste della procura di Bologna sulle spese dei gruppi parlano da soli: 30 mila euro soltanto in cene a nome dell’allora capogruppo Monari. Ma non solo. Il gruppo Pd in totale ha speso in ristoranti 145 mila euro. Meno dei 220 mila del Pdl, ma più dei 53 mila della Lega Nord, dei 18 mila del Movimento 5 Stelle e dei 6 mila dall’Udc. Per le festività natalizie del 2010, tanto per citare un altro dato, il Pd ha comprato agende, parmigiano reggiano, spumante Ferrari, zamponi e panettoni per 8 mila euro. E poi ci sono le auto blu contestate a Errani e i taxi: il solo gruppo dei democratici in 19 mesi ha speso 85 mila euro.
In via Rivani nessuno ha avuto molta voglia di parlare. Errani, che ha preso la parola in Direzione, all’uscita prova a evitare i giornalisti, che gli strappano giusto qualche frase: “Un bel dibattito, sono completamente d’accordo col documento”. C’erano l’ex ministro Josefa Idem, la giunta regionale al completo (almeno per i membri Pd). C’erano i sindaci di Bologna, Ferrara, Ravenna. Quello di Modena, Giorgio Pighi, sembra voler difendere i consiglieri regionali finiti nella bufera e rimproverare la fuga delle notizie sulla stampa: “Bisogna che ci sia un filtro maggiore, perché quelle che escono siano notizie che non creino interpretazioni diverse”. Ma le bocche sono rimaste cucite, e l’imbarazzo sembra grande. Anche perché tutti rimarranno al loro posto.