Rispetto al 2012, il nostro paese passa da 42 a 43 punti su una scala che va dal valore minimo 0 a 100. Il dato ci piazza al 69° posto. In Ue peggio di noi hanno fatto solo Bulgaria (77°) e Grecia (80°). In cima la classifica Danimarca, Finlandia, Svezia e Norvegia
Anche quest’anno l’Italia è bocciata in trasparenza. Lo dice il nuovo rapporto di Transparency International, l’associazione non governativa che a dicembre di ogni anno pubblica la graduatoria del Paesi del mondo sulla base della corruzione percepita. Nel 2013 la corruzione in Italia non è peggiorata, anzi è tornata ai livelli del 2011, ma il suo 69esimo posto in classifica, e i suoi 43 punti (su 100), la collocano ancora una volta in coda alla classifica dei paesi d’Europa e dei membri del G20.
Il risultato nazionale, che recupera tre punti rispetto alla 72esima posizione del 2012, è di fatto solo l’arresto (momentaneo) di una caduta che dura da anni. Segnale, comunque, che negli ultimi mesi qualcosa sta cambiando. Soprattutto la nostra immagine all’estero, verrebbe da dire, dato che l’indice di Transparency riporta il livello di corruzione del Paese percepito da esperti stranieri.
Il miglioramento resta comunque di gran lunga insufficiente. Nella graduatoria mondiale l’Italia si colloca tra il Montenegro (67esimo posto) e il Brasile (72esimo), ben lontana dagli altri membri dell’Unione Europea, rispetto ai quali resta terzultima in classifica, con la Romania, e seguita da Bulgaria e Grecia.
Tra i paesi del G20 l’Italia si colloca oltre la prima metà della lista, lasciando performance peggiori solo a Brasile, Cina, India, Argentina, Messico, Indonesia e Russia. Meglio di noi anche la Turchia e l’Arabia Saudita. Per fare un confronto, basta dare un’occhiata alla collocazione dei nostri partner europei, come la Francia, al 22esimo posto con 71 punti, la Spagna, al 40esimo posto con 59 punti, o la Germania, al 12esimo posto con 78 punti. Tutti ben oltre la sufficienza. Senza contare poi Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia, che come sempre conquistano i primi posti in classifica.
Transparency International denuncia, anche quest’anno, che più dei due terzi dei 177 Paesi ha un indice inferiore a 50, su una scala da 0 (altamente corrotto) a 100 (molto pulito). Ciò significa che la stragrande maggioranza delle nazioni al mondo non arriva ad un livello sufficiente di trasparenza. E l’Italia è tra queste. Per il resto non si segnalano novità di rilievo. La classifica è aperta da Danimarca e Nuova Zelanda, che hanno entrambe 91 punti e si collocano al primo posto, mentre Afghanistan, Corea del Nord e Somalia chiudono l’elenco con 8, miseri, punti.
Ovunque, la corruzione politica, il finanziamento ai partiti e il controllo sui grandi appalti pubblici sono indicati dagli esperti come i settori maggiormente esposti al rischio. Per questo motivo rendere più trasparente il settore pubblico rimane, secondo Transparency, una delle sfide più importanti al mondo, “perché è nella corruzione della politica, delle forze dell’ordine e del sistema giudiziario che trovano un ostacolo tutti gli sforzi per affrontare i problemi del cambiamento climatico, della crisi economica e della povertà”.
“È ora di smetterla con chi se la cava con la corruzione. Le scappatoie legali e la mancanza di volontà politica nei governi facilitano sia la corruzione interna che transfrontaliera, e ci richiedono di intensificare gli sforzi per combattere l’impunità dei corrotti”, ha detto Huguette Labelle, presidente di Transparency International. Da qui l’appello agli organismi internazionali come il G20, perché combattano con maggiore efficacia il riciclaggio di denaro, rendano le imprese più trasparenti e si spendano di più per ottenere la restituzione dei beni rubati.