La donna italiana protagonista di un parto forzato in Inghilterra, ha un nome. Si chiama Alessandra Pacchieri, ha 35 anni, è originaria di Chianciano (Siena), ma vive a Chiusi. A rivelare la sua identità, l’avvocato italiano Stefano Oliva (supportato dalla collega Luana Izzo) che ha raccontato la battaglia legale di questa donna che rivuole la sua bambina nata 15 mesi fa nell’Essex, contea dell’Inghilterra orientale, diventata il simbolo della contesa tra Regno Unito e Italia. Alessandra, come racconta in esclusiva il sito di Panorama, ora teme di non rivedere più sua figlia. I servizi sociali inglesi, racconta, dopo avergliela tolta perché considerata “pazza”, “le vietano di incontrarla”, dicendole che “è stata già adottata“. In realtà, però, sono solo cominciati i primi incontri tra la bimba, un anno e quattro mesi, e la coppia di genitori individuati per l’adozione.
Alessandra, affetta da un disturbo bipolare (una disfunzione mentale che causa un’alternanza tra eccitamento e depressione) ora risiede a Chiusi, nel senese, dove, sfumata l’assunzione come hostess alla Ryanair (era in Inghilterra all’epoca dei fatti proprio per seguire un corso di addestramento all’aeroporto di Stansted) ora lavora come badante di una coppia di anziani. Panorama racconta come sia tornata in Italia alla fine del 2012 dopo essersi resa conto che, vista la sordità delle istituzioni inglesi, avrebbe avuto più chance di vincere la battaglia legale per riavere la bambina. A Chiusi vivono anche le sue prime due figlie, di 11 e 4 anni, avute da due diversi padri americani, affidate alla nonna materna dai servizi sociali italiani proprio per il bipolarismo della mamma. Secondo il deputato liberal-democratico inglese John Hemming che guida una campagna per la riforma del diritto di famiglia nel Regno Unito, la donna ha subito “un abuso dei diritti umani“.
I due avvocati che seguono la donna in Italia – Oliva e Izzo – sono affiancati dal collega inglese Brendan Fleming. Secondo quanto racconta Oliva, in questa storia non c’è solo la durezza delle istituzioni inglesi, ma uno scarico di responsabilità da parte italiana. Nessuno ha risposto al tentativo di contatto: né il ministero degli Esteri, né l’ambasciata italiana a Londra e nemmeno il consolato. Solo il ministero della Giustizia ha fatto sapere di non essere competente invitando la donna a perseguire le vie legali nel Regno Unito. A Londra si apprende tuttavia che “il consolato era stato messo al corrente dai servizi sociali dell’Essex nel dicembre 2012”, che successivamente aveva sì ricevuto comunicazioni in copia dagli avvocati in Italia, ma che “le cose sono state gestite tra le autorità dell’Essex e il tribunale in Italia”. E che in in ogni modo la madre della piccola “non si è mai rivolta direttamente alle autorità consolari”.
La bimba è nata nell’agosto del 2012 in Inghilterra dove Alessandra si trova per un corso di addestramento presso Ryanair. In albergo a luglio, all’ottavo mese di gravidanza, ha una crisi di panico provocata dalla mancata assunzione dei farmaci che le regolano l’umore. Chiama la polizia: trovandola in quello stato, gli agenti contattano la madre di Alessandra, apprendono del bipolarismo e avviano un iter giudiziario. Viene ricoverata in una struttura ospedaliera psichiatrica. In agosto viene portata in sala operatoria per il parto cesareo disposto dal giudice. A quanto si apprende a Londra, a quel punto “in Italia chi di competenza sapeva”. Eppure sembra che Alessandra ripetesse chiaramente ai medici di voler “partorire in Italia”.
La piccola nasce e viene affidata ai servizi sociali dell’Essex. I legali segnalano a questo punto un altro intoppo burocratico nella registrazione della neonata: in un primo momento risulta con il cognome del primo partner di Alessandra. Poi la donna viene dimessa e torna in Italia nell’ottobre 2012. E’ a questo punto che forse, come anche gli avvocati riconoscono, si crea il vuoto giudiziario oggi difficile da colmare: perché Alessandra avrebbe probabilmente dovuto agire immediatamente dopo il parto, mettere subito in discussione quanto disposto dalle autorità britanniche.
Il tentativo adesso è comunque di far revocare la decisione presa lo scorso febbraio dalla giustizia britannica con cui si avvia il processo per l’adozione della bimba in Inghilterra. Due i fronti aperti: quello inglese, con l’appello pendente e quello del tribunale di Firenze che potrebbe inserire anche l’ultima nata, con le sue due sorelle, nell’istruttoria di affidamento alla zia americana, come sperano i legali di Alessandria.