Fino a tre mesi fa gli aerei che portano i nostri governanti in giro per il mondo erano tenuti in efficienza dall’Alitalia. I tre velivoli Airbus C-319J (ma uno sarà presto venduto) del 31° Stormo dell’Aeronautica militare erano affidati per quanto riguarda le parti di ricambio e gli interventi di manutenzione di maggior impegno ai tecnici dell’ex (molto ex, a dire il vero) compagnia di bandiera. D’altronde, il centro manutenzione di Fiumicino già si occupa dei 22 bimotori stesso modello in servizio con l’Alitalia stessa ed è dunque naturale che i velivoli con i colori militari operanti da Ciampino, a un tiro di schioppo dall’altro aeroporto, vengano manutenuti lì. Alla base ovvie considerazioni di efficienza e di costo, ma anche di esperienza dei tecnici Alitalia.
Ma dal 24 settembre 2013 le sonorità del romanesco sono state sostituite da una delle tante inflessioni del castigliano, del catalano o di un altro dei dialetti o delle lingue iberiche. Perché adesso, a tenere in efficienza gli aerei che portano in giro quelle che si definiscono per rapidità le “alte cariche dello Stato”, sono gli spagnoli di Iberia. Sì, proprio gli spagnoli, gli stessi che giorni fa si sono comprati per una manciata di euro Telecom Italia. L’Alitalia, che ha le officine a due passi da dove stanno gli Airbus presidenziali, i tecnici praticamente fuori della porta, i magazzini pieni di pezzi di ricambio a cinque minuti dagli aerei, è riuscita a farsi soffiare l’appalto più facile, e ovvio, del mondo. E mica roba da niente, parliamo di un contratto di tre anni, prorogabile di altri due, per circa 7 milioni di euro l’anno. In totale una trentacinquina di milioni, più o meno un decimo del valore della ricapitalizzazione dell’ex compagnia di bandiera.
Certo è ironico: gli aerei che rappresentano l’Italia nel mondo, anzi il “sistema Italia” come recita la giaculatoria rassicurante di Letta nipote, volano grazie agli spagnoli. Monti imbastì una caciara, come dicono a Roma, degna di miglior causa perché le auto di palazzo Chigi erano tedesche, e adesso i suoi successori volano solo perché i tecnici spagnoli gli tengono in efficienza gli aerei, francesi peraltro. Sistema Italia.
Un paio di mesi, quando Bernabé, il presidente di Telecom Italia, scoprì di essere stato comperato a sua insaputa dagli spagnoli, si scatenò un putiferio, giustificato non ultimo da presunte ragioni di sicurezza. Le comunicazioni classificate, vitali per il Paese, passano sulla rete Telecom si gridò a destra e a manca (dimenticando che comunque sono già tutte intercettate dagli americani della Nsa, che forse non sanno delle rassicurazioni al contrario del sottosegretario Minniti). Un certo Giacomo Stucchi, che sostiene essere il presidente del comitato di controllo sui servizi segreti, disse scandalizzato “in ballo c’è il futuro assetto di una struttura delicatissima, attraverso la quale passa una straordinaria mole di dati”. Sia chiaro, mi va benissimo che gli spagnoli facciano bene e a costi probabilmente minori quello che potrebbe fare l’Alitalia. Come mi va benissimo che i ministri viaggino su auto tedesche se Marchionne preferisce puntare su Detroit piuttosto che su Torino. O che i telefoni siano degli spagnoli dopo che i vari Colannino, Tronchetti Provera e compagnia cantante li hanno spolpati di tutto lo spolpabile. Avete voluto il cavallo del capitalismo? Cavalcate. Purtroppo, alla fine, chi ne paga il prezzo sono i lavoratori, siamo tutti noi. Ma questo è un altro discorso.
Tutto cominciò nel 2011, quando l’Aeronautica Militare pubblicò un bando di gara per affidare la manutenzione che era già in mano all’Alitalia: € 6.640.629,06, Iva esente, l’importo base per un anno prorogabile di altri tre. Luogo di esecuzione dell’appalto: il mondo intero. Scadenza domande il 18 novembre 2011. Qualche mese dopo, sulla Gazzetta Ufficiale appare un altro avviso: gara non aggiudicata, nessuna offerta valida. Non so cosa sia successo, ma è possibile che qualcuno dalle parti della Magliana (dove sta la sede dell’Alitalia) si sia detto: adesso tiriamo sul prezzo e vediamo cosa fanno. Passò un anno e forse più, fino a quando qualcuno chiamò la Nato, più precisamente la Nato Support Agency che si occupa di logistica e manutenzione, che rifece la gara ed estrasse dal cappello il vincitore: Iberia Mantenimiento, la filiale della società spagnola che si occupa di manutenzione degli aerei. Per cui bye-bye Fiumicino, hello Madrid. Adesso gli aerei volano se va bene a Olbia (dove l’Iberia ha un centro manutenzione assieme a Meridiana ed Eurofly) o direttamente in Spagna. Oppure sono gli specialisti spagnoli che si spostano dove occorre: a Ciampino, sede il 31° Stormo, o in qualsiasi altra parte del mondo dove osano i nostri governanti. Che forse adesso un po’ si vergogneranno a parlare sistema Italia scendendo da un aereo francese revisionato da tecnici spagnoli.