È la storia che è costata gli arresti domiciliari a un ex cancelliere che avrebbe svolto il ruolo di ‘informatore’ del clan. Il compito principale sarebbe stato però sfruttare la veste di funzionario di un prestigioso ufficio giudiziario “per cercare di avvicinare personaggi politici"
Il cancelliere di Cassazione, il clan ‘La Torre’ e i politici ai quali proporre un investimento in Costa d’Avorio, un pastificio-impianto di panificazione, nel quale riciclare i proventi illeciti della camorra di Mondragone (Caserta). Politici che, va detto, non sono indagati ed erano all’oscuro della matrice criminale dell’operazione, tra i quali spiccano i nomi di un ex consigliere regionale calabrese deceduto lo scorso anno, contattato più volte dal funzionario dell’ufficio giudiziario di Roma, e un candidato alle regionali liguri del 2005 in quota Forza Italia, Giacomo Susco, che avrebbe provato a coinvolgere nell’affare l’ex ministro Pdl Claudio Scajola, senza riuscire a stabilire un contatto concreto.
È la storia che emerge tra le pieghe delle 130 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Napoli Francesco De Falco Giannone su richiesta dei pm della Dda Catello Maresca, Maurizio Giordano, Giovanni Conzo e Cesare Sirignano. Provvedimento notificato a 35 dei 42 indagati di un’inchiesta condotta dai carabinieri del Comando Provinciale di Caserta, coordinati dal maggiore Alfonso Pannone, e relativa ai traffici criminali del clan camorristico casertano, detto anche dei “Chiuovi”.
È la storia che è costata gli arresti domiciliari a Cesare Salomone, 65 anni, origini cilentane, accusato di riciclaggio internazionale e definito nelle carte giudiziarie cancelliere di Cassazione – una nota della Suprema Corte precisa però che l’uomo ha lavorato presso la Procura Generale ed è in pensione da mesi. Una raffica di intercettazioni telefoniche e ambientali compiute negli anni tra il 2008 e 2009 dimostrerebbero che Salomone avrebbe svolto il ruolo di ‘informatore’ del clan, avvertito in tempo reale dell’esito dei ricorsi presentati dai componenti di spicco del gruppo camorristico, in modo da poter organizzare le contromosse.
Ma il principale compito di Salomone sarebbe stato un altro: sfruttare la veste di funzionario di un prestigioso ufficio giudiziario “per cercare – scrive il Gip – di avvicinare personaggi politici di rilievo regionale e nazionale da convincere circa la bontà dell’investimento, con ciò procacciando ai suoi committenti sia la solidità e la garanzia derivanti dall’autorevolezza dell’imprimatur politico, sia la tranquillità di non dover trovare ostacoli di carattere procedimentali o diplomatico presso il paese estero”.
Il cancelliere, si legge nell’ordinanza, è il punto di riferimento dei ‘La Torre’ attraverso uno degli affiliati, Tobia Ferrara, col quale c’erano contatti continui per le notizie sulle decisioni della Suprema Corte. A fine novembre del 2008 un esponente della camorra di Mondragone, Emilio Boccolato, avvertito con ampio preavviso del mancato accoglimento del ricorso, decide comunque di farsi arrestare. Il motivo viene rivelato pochi giorni dopo in un colloquio coi familiari nel carcere di Carinola, quando Boccolato dice alla figlia: “Non era aria di rimanere a Mondragone”. È un chiaro riferimento al rischio di essere collegato con l’ala stragista del clan dei Casalesi capeggiata da Giuseppe Setola. Meglio rifugiarsi in galera.
Il progetto di investire i capitali camorristi in un pastificio in Africa viene scoperto durante un servizio di appostamento del 22 novembre 2008: il cancelliere incontra tre affiliati al clan in un bar della Domiziana e consegna loro una busta bianca. Poco dopo i carabinieri fermano i tre nella Ford Mondeo di proprietà di uno di loro e aprono la busta: contiene documentazione in inglese, e uno di loro, imprenditore edile, spiega che è attinente a una costruzione da realizzare in Costa d‘Avorio.
Nei mesi successivi tra Salomone e gli affiliati della cosca si intensificano i contatti attinenti a necessità organizzative dell’investimento, come ad esempio una richiesta delle copie dei passaporti per ottenere i visti e partire in Costa d’Avorio per un sopralluogo, le caselle email dove inviare la documentazione ed altro.
Bolle, il telefono di Salomone. La sua attività di intermediazione coinvolge concessionari di ciclomotori, dirigenti di aziende del riscaldamento, geometri del Genio Civile, bancari della BEI (Banca Europea degli Investimenti), importanti imprenditori vicentini coi quali il primo contatto avviene all’uscita autostradale di Vicenza Ovest.
C’è poi il capitolo dei politici: a fine gennaio 2009 Salomone telefona ad un consigliere regionale calabrese, Francesco Galati, e lo invita ad andare a trovare a Roma perché “ha una cosa importantissima anche per lui”. L’incontro avviene il 12 febbraio successivo. Il politico calabrese, dice Salomone in una telefonata a un altro potenziale socio, si mostra interessato all’investimento. In quella stessa giornata Salamone contatta Susco, medico cardiologo del savonese, esponente del Pdl. Susco e un altro potenziale socio dell’operazione, Luciano Rotondi, tra i fondatori della BEI, si vedono due giorni dopo. E’ presente anche un amico di Susco che viene indicato come Console della Costa d’Avorio. Anche lui è attratto dal business. L’ordinanza sintetizza così: “In alcune conversazioni tra i due (Salomone e Susco, ndr) emerge anche che Susco intende proporre l’investimento anche a Scajola, probabilmente intendendo l’on. Scajola Claudio, già Ministro per le Attività Produttive, lamentandosi, in un’occasione, di non essere riuscito a contattare neanche il suo segretario”.