Le case editrici hanno portato in tribunale due società che offrono la lettura gratuita di quotidiani e periodici senza pagare il diritto d'autore: le prime aziende a farne le spese sono Eco della Stampa e Data Stampa. Nel mirino anche Google News
Escalation nella battaglia tra editori di giornali e società che offrono ad aziende e istituzioni la rassegna stampa con gli articoli di quotidiani e periodici, senza pagare il diritto d’autore. Dopo le scaramucce degli ultimi anni, 58 case editrici, che rappresentano 430 testate, sono passate alle vie legali contro Eco della Stampa e Data Stampa per aver riprodotto liberamente i loro contenuti. L’accusa è di violazione del diritto d’autore e, per questo, la richiesta affidata allo Studio Legale DLA Piper non è solo (o tanto) di risarcimento, quanto di bloccare completamente l’attività di rassegna stampa.
Ma esiste anche un secondo terreno di scontro per la tutela del copyright: quello che vede contrapposti editori e motori di ricerca online che, come nel caso di Google News, permettono agli internauti di leggere i giornali online gratis e senza nemmeno il bisogno di andare sul sito della testata, garantendole almeno un clic, parametro importante per rivendere spazi pubblicitari agli investitori. E siccome non sembra esserci all’orizzonte un accordo tra editori e motori di ricerca online, il governo starebbe studiando una legge che segua il modello francese dove lo Stato ha deciso in modo autonomo che i motori di ricerca devono versare una cifra per continuare a usare i contenuti altrui e questi soldi confluiscono in un fondo a sostegno di tutto il settore editoriale.
Del resto oggi il problema della tutela del copyright diventa più stringente a causa della trasformazione e della crisi dell’editoria. Da una parte non si parla più di articoli o riviste, ma di semplici contenuti che vanno moltiplicati e adattati sulle differenti piattaforme (sul web prima di tutto), dall’altra calano le vendite e la raccolta pubblicitaria sui giornali tradizionali. La conseguenza è che gli editori hanno visto moltiplicarsi in modo esponenziale lo sfruttamento dei loro contenuti e quindi sperano di poterci guadagnare di più, anche per compensare il calo delle classiche voci di fatturato. Ma nel concreto hanno perso il controllo di questo utilizzo prolungato e adesso corrono ai ripari, per vie legali o invocando l’intervento dello Stato.
Se in quest’ultimo caso è probabile una decisione del governo vista la disparità di potere contrattuale tra editori e multinazionali online, nel caso delle rassegne le case editrici hanno deciso di puntare alle vie legali dopo tre anni di trattative andate a vuoto, come ricordato dalla stessa Federazione degli editori italiani Fieg. “La tutela della libertà di stampa non può prescindere dalla protezione del prodotto editoriale di qualità e di tutte le risorse – economiche, umane e tecniche – indispensabili per la sua realizzazione e per la sopravvivenza di una informazione libera e credibile: rafforzare l’effettività della tutela del diritto d’autore significa rafforzare le imprese stesse, la loro economicità e la loro capacità di sviluppare e sperimentare nuove forme di comunicazione multimediale”, fanno sapere gli editori.
Ma prima ancora di procedere per le vie legali, gli editori si sono premurati di risolvere un errore tattico fatto nel passato, quando tutta quest’attenzione per il copyright non c’era e Camera e Senato mettevano gratuitamente online una rassegna stampa disponibile a tutti. Gli editori hanno creato il primo luglio 2012 la Licenza Ars (Agenzie Rassegne Stampa). La gestisce per conto di 330 testate giornalistiche Repertorio Promopress, marchio che fa capo alla stessa Fieg, fissando quanti e quali contenuti si possono riprodurre, come e soprattutto pagando quanto. Insomma, le case editrici si sono create l’alibi di poter dire: chi vuole fare rassegna stampa legalmente, adesso può farlo. Che la battaglia per la tutela del diritto d’autore stesse per scoppiare lo si è intuito già nei giorni scorsi quando è intervenuta la Guardia di Finanza mettendo sotto sequestro 13 siti web che pubblicavano articoli da quotidiani e periodici senza versare il corrispettivo previsto dalla normativa. Un fenomeno in crescita, secondo dati Fieg, e motivo per cui sempre più spesso si legge la dicitura “riproduzione riservata” alla fine degli articoli sui giornali in edicola.
“L’azione portata avanti dalla Fieg è bizzarra e tutela solo gli interessi di pochi grandi editori“, ha commentato Massimo Scambelluri, presidente di Data Stampa. Il manager ha aggiunto che la sua azienda “continuerà ad erogare il servizio a tutti i suoi clienti senza interruzioni. Gli associati ad Unirass ed Assorassegne vogliono corrispondere un equo compenso, ma a beneficio di tutti gli editori e non soltanto di alcuni. Intendono farlo secondo regole certe e rispettose delle legittime esigenze di tutti gli operatori del settore, non imposte unilateralmente da un unico operatore. La Fieg-Promopress infatti, agisce in forza della posizione dominante che detiene laddove associa gli editori dei quotidiani più letti in Italia anche se ne rappresenta solamente 60 sui circa 2.650 operanti”. Non solo. “Ci rivolgiamo al sottosegretario Legnini, che ha già indetto un tavolo tra le parti, perché possa cessare questo inasprimento dei toni da parte di Fieg – continua Scambelluri – che non è la soluzione auspicata da tutti, nemmeno dal presidente Anselmi dopo l’incontro di ieri. Questa azione sembra essere figlia della crisi del settore editoriale più che mossa da reali questioni di diritto. La questione non si risolve certo strozzando con nuovi e fantasiosi balzelli chi lavora onestamente da decenni e ha saputo crescere sul mercato non violando le regole, ma offrendo un servizio di qualità a centinaia di aziende e decine di istituzioni centrali dello Stato prima fra tutte, vista la materia, la Guardia di Finanza“.