L’approvazione in Francia della legge abolizionista contro la prostituzione, grazie all’alleanza tra femminismi istituzionali e paternalismi, realizza un modello autoritario in totale assenza di riconoscimento dei soggetti, i/le sex workers, che a questa legge si sono oppost* fin dall’inizio.
Ignorando la prostituzione che riguarda anche uomini, gay e trans, impone una ‘norma’ dell’essere donna. In nome del ‘tuo’ bene dovrai svolgere la consensualità nel sesso entro limiti consentiti. Dunque la rivendicazione contro la violenza sessuale del diritto di dire No diventa imposizione dei tempi, luoghi, e delle relazioni in cui dovrai dire di Si.
C’erano i preti, un tempo, e ci sono ancora, a voler decidere quel che succede dentro le nostre mutande. Ora ci sono i femminismi istituzionali e borghesi che legittimano, evidentemente, il sesso come servizio reso al netto di una transazione economica soddisfacente solo all’interno della cornice matrimoniale. Perché la legge in fondo ordina l’illusione, l’amor borghese e il sesso a scopo riproduttivo. E questa idea viene accompagnata da una inibizione del dissenso e da discussioni che hanno sempre più il sapore delle guerre di religione.
La legge rappresenta “una svolta reazionaria e nazionalista”, scrivevano Morgane Merteuil, sex worker e militante di Strass, e Rokhaya Diallo, giornalista e scrittrice, su Le Monde qualche giorno fa e raccontavano come la legge derivasse anche da una idea di superiorità della donna bianca/borghese e da un razzismo istituzionale che ben si sposa con le politiche neocolonialiste espresse in Francia in questi anni contro l’abbigliamento delle donne musulmane.
In ogni caso, a parte tutto il contenuto, pessimo, della legge che viene analizzata punto per punto in maniera critica dal Sindacato dei/delle Sex Workers io sottolineo l’articolo che prevede uno stage, alternativo al pagamento della multa, per i clienti.
Ovvero: se non vuoi pagare ti fai rieducare secondo il pensiero unico abolizionista e quando avrai dichiarato che tu giammai acquisterai altri servizi sessuali allora ti congederanno con una pacca sulla spalla affinché torni a fare il bravo marito, fidanzato, padre di famiglia.
L’intento rieducativo, però, nei fatti, non è soltanto nei confronti degli uomini, perché, secondo quanto dicono i/le sex workers è alle donne che il messaggio è prevalentemente rivolto. Lo stigma uccide, infatti scrivono, perché si realizza una divisione tra donne perbene e quelle per male. Si obbliga a ritenere che vendere servizi sessuali sia poco dignitoso. E quelle che continueranno a esercitare quel mestiere, perché così potranno o vorranno guadagnare denaro, dovranno farlo senza alcuna garanzia o diritto e a proprio rischio e pericolo.
La mia domanda è: chi sono i gruppi accreditati che faranno lezioni di mascolinità sensibile e di rispetto per il corpo delle donne? Chi li accredita e perché?
Infine un quesito fantascientifico: è plausibile immaginare per il prossimo futuro uomini e donne ribelli a realizzare brigate di resistenza contro questi comitati per la purezza dell’orgasmo?